Popoli in fuga dalla crisi climatica

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Emigrare in Europa è diventata un’impresa sempre più costosa e rischiosa: i trafficanti chiedono infatti sempre più soldi per un viaggio che molto spesso non porta alla meta sperata, ma si ferma in Libia, dove i migranti, bloccati in centri di detenzione che sono dei veri e propri lager, sono costretti a chiedere altri soldi alle proprie famiglie per soddisfare le richieste dei loro carcerieri e tentare di continuare il proprio percorso. Ma li aspetta ancora la traversata nel Mediterraneo, con tutti i rischi che essa comporta.

Eppure a migliaia continuano a provarci. E sembra che uno dei fattori che più influenzi la scelta di partire sia il cambiamento climatico

Ad esempio, nella Somalia sud-occidentale i viaggi illegali verso l’Europa erano rari  fino a poco tempo fa, mentre  ora sembrano essere diventati la norma. La  causa principale di questo cambiamento è la siccità, che rende sempre più difficile, se non impossibile, la sopravvivenza in questi luoghi. Qui la stagione delle piogge è saltata per tre anni consecutivi e sei milioni di persone vivono già sotto la soglia critica di insicurezza alimentare. E in base alle stime delle Nazioni Unite quest’anno 1,4 milioni di bambini soffriranno di malnutrizione grave. 

La crisi climatica ha giocato un ruolo significativo nel rendere i periodi di siccità più intensi e le piogge meno prevedibili e la Somalia è uno dei paesi più vulnerabili al cambiamento climatico, uno dei luoghi dove gli effetti della crisi sono più evidenti. I periodi di siccità si susseguono frequentemente e le vittime non hanno nemmeno il tempo di riprendersi. E la situazione è destinata a peggiorare: si prevede  infatti che entro la fine del secolo la temperatura media in Somalia aumenterà di tre gradi.

La crisi climatica è provocata in larga misura dalle emissioni occidentali, ma purtroppo sono i paesi non industrializzati, che si collocano nelle aree più critiche del pianeta dal punto di vista climatico, a subirne gli effetti catastrofici.

Secondo il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico1, dal 2008 a oggi gli eventi meteorologici estremi hanno provocato nei paesi poveri più di venti milioni di sfollati ogni anno. La maggior parte di queste persone resta all’interno dei paesi di origine in accampamenti di fortuna, senza servizi igienici, senza acqua, con una grande diffusione di malattie infettive. 

Consentire la migrazione potrebbe essere una forma più efficiente di assistenza rispetto agli aiuti umanitari. Spostarsi attraverso percorsi legali e quindi sicuri verso i paesi più ricchi offrirebbe ai migranti climatici la possibilità di trovare un lavoro e mandare soldi a casa. Secondo i dati della Banca Mondiale, la sola Somalia nel 2020  ha ricevuto più di 1,7 miliardi di dollari in rimesse dall’estero, cioè circa il 25 per cento del suo pil. 

È comprensibile pertanto che le persone, pur sapendo  di correre rischi anche gravi, decidano di intraprendere il viaggio verso l’Europa: le loro rimesse sono infatti una risorsa vitale per il loro Paese.

Secondo gli esperti, per ogni grado di innalzamento della temperatura del pianeta un miliardo di persone sarà costretto a lasciare le proprie case o a vivere in condizioni di caldo insopportabile. Coloro che governano il mondo a livello politico ed economico dovrebbe forse iniziare a porsi il problema di come affrontare la crisi climatica, con tutte le sue conseguenze in termini di aumento della povertà e dei flussi migratori, piuttosto che farsi guerra tra di loro ed aggravare così sempre più il surriscaldamento globale

Fonti: Internazionale del 5 Maggio 2022

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1. Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC) è il foro scientifico formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, l'Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) e il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP) allo scopo di studiare il riscaldamento globale.