Gli effetti economici della guerra in Ucraina sono evidenti dappertutto, ma sono particolarmente tragici nei paesi poveri, soprattutto in quelli africani.
Per comprendere cosa sta accadendo in questa parte del mondo, partiamo da un caso concreto, quello del Senegal, un paese a basso-medio reddito dove il consumo del grano è molto elevato e il pane è l’alimento base: viene infatti consumato in grandi quantità perché, fino ad un paio di mesi fa, poco costoso. Rappresenta la base della colazione e della cena dei senegalesi e, per le famiglie che non possono permettersi il riso, è spesso l’unica alternativa disponibile.
Fino alla fine del 2021 una baguette costava circa 20 centesimi di euro ma, per la crisi sanitaria e le oscillazioni dei mercati mondiali dei cereali, all’inizio del 2022 il suo prezzo era già passato a circa 30 centesimi di euro. Per noi occidentali si tratta di una differenza insignificante ma per una famiglia senegalese, in genere molto numerosa, è un aumento consistente.
In seguito alla guerra in Ucraina il costo del pane in Senegal continua a salire ed è destinato ad aumentare inesorabilmente. Come afferma Amadou Gaye, presidente della Federazione Nazionale dei Panettieri del Senegal, «Oggi la farina si compra a 350 euro a tonnellata, ma da qua a poche settimane il prezzo potrebbe salire a 450-500 euro. […] La mia più grande inquietudine è che, oltre all’inflazione, vedremo presto una penuria di pane e farina, come sta succedendo in Tunisia».
Secondo lui, la soluzione per contrastare questa crisi e le altre, che molto probabilmente si verificheranno, è tornare alle origini della tradizione agricola senegalese: «Dobbiamo ricominciare a coltivare i nostri cereali, come il miglio e il fonio, che sono ricchi di proteine e resistenti a condizioni climatiche imprevedibili. […] Sto cercando di dialogare con lo Stato, affinché capisca che dobbiamo sviluppare delle filiere di trasformazione locali, che diano da lavorare alle donne e ai giovani. Continuare a mangiare baguette di stampo francese non ci fa bene, né alla salute né all’economia».
Oltre al prezzo della farina, stanno aumentando anche quelli dei prodotti necessari alla produzione e all’imballaggio del pane, quali lievito e carta, anch’essi importati. Per non parlare del carburante per alimentare i forni.
Anche se il Senegal è lontanissimo dall’Ucraina, sta subendo, come tanti altri paesi, le pesanti conseguenze del conflitto, dal momento che dipende per molte materie prime dalle importazioni dai due paesi in guerra. La guerra e le sanzioni internazionali stanno già comportando un calo netto dell’importazione di cereali e un’impennata dei prezzi, dal momento che, nonostante il Senegal abbia una forte vocazione agricola, dipende considerevolmente dall’importazione estera di cereali e di grano in particolare
Il problema non riguarda solo il Senegal: l’economia di tutta la regione sahariana, già duramente colpita dal cambiamento climatico, dalle tante guerre civili e dalle conseguenze della pandemia di Covid-19, rischia di essere gravemente indebolita. La conseguenza di tutto ciò sarà quasi inevitabilmente un aumento dei flussi migratori.
Ma secondo il Programma Alimentare Mondiale, la guerra avrà gravi conseguenze per la sicurezza alimentare in tutto il mondo, dal momento che sia la Russia che l’Ucraina hanno un peso determinante nei mercati alimentari global (sono infatti tra i primi cinque esportatori di grano) e la Russia uno preminente nel commercio globale dell’energia.
Si calcola che circa 13,5 milioni di tonnellate di grano sono attualmente stoccate e non vendibili nei due paesi.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari nella zona subsahariana quest’anno ben 38 milioni di persone si trovano sull’orlo della carestia e avranno bisogno di una considerevole assistenza umanitaria per soddisfare i propri bisogni alimentari.
Per questo motivo l’agenzia ONU World Food Programme1 qualche giorno fa ha lanciato un appello perché vengano riaperti i porti della zona di Odessa, affinché i prodotti agricoli possano essere esportati nel resto del mondo, prima che si arrivi a una crisi alimentare globale fuori controllo.
«Ne ha bisogno il pianeta, perché centinaia di milioni di persone dipendono da queste forniture. Il tempo sta finendo e il costo dell’inazione sarebbe più alto di quanto chiunque possa immaginare» spiega il direttore esecutivo David Beasley.
Fonti: Il Manifesto del 3 Aprile; sito di RaiNews del 7 Aprile
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1 L’agenzia ONU World Food Programme è la più grande organizzazione umanitaria al mondo, impegnata a salvare vite nelle emergenze e la cui assistenza alimentare vuole costruire un percorso di pace, stabilità e prosperità per quanti si stanno riprendendo da conflitti, disastri e dall’impatto del cambiamento climatico.