Storie di ordinaria discriminazione 2


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Esaminiamo oggi la tipologia di protezione che l’Unione europea ha deciso di concedere ai profughi provenienti dall’Ucraina.

Per la prima volta gli Stati membri dell’Unione Europea hanno trovato un accordo sui temi dell’immigrazione in tempi rapidi; ma è un accordo molto limitato in quanto prevede la concessione obbligatoria ai soli ucraini di una protezione temporanea di 1 anno, rinnovabile fino a 3, con la possibilità di andare a scuola, lavorare, ottenere assistenza economico-sociale e cure mediche.

Il medesimo provvedimento vale per i cittadini di Paesi terzi o apolidi possessori di un permesso di soggiorno di lungo periodo in Ucraina. Ma in questo caso è concessa un’ampia discrezionalità ai singoli paesi, e una ancora più ampia è concessa nei confronti di chi era in possesso di un permesso di soggiorno breve, come ad esempio gli studenti.

In pratica, nei confronti dei non ucraini la discrezionalità degli Stati membri prevale sul tipo di protezione da concedere, lasciando di fatto ai singoli stati anche la possibilità di non offrire alcuna forma di protezione.

Durante la discussione, i paesi del blocco di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) e l’Austria avevano chiesto l’esclusione di tutti i migranti, anche di quelli da tempo legalmente presenti in Ucraina, dall’accoglienza. Il testo finale è quindi frutto di un compromesso, in quanto gli Stati membri potranno decidere se concedere ai migranti in fuga dall’Ucraina la protezione temporanea o incanalarli in altre procedure, come quella dell’asilo, secondo le normative nazionali. Ma come sappiamo le richieste di asilo possono essere respinte e le persone espulse.

Tutta questa vicenda ci insegna che vige nei paesi europei una sorta di “compassione selettiva” nell’apertura delle frontiere. Come, ad esempio, viene sottolineato su Balkan Insight: «La Polonia si è [sempre] fermamente opposta a una politica dell’UE delle porte aperte ai richiedenti asilo e ai migranti. Oggi, però, è diventato evidente che se c’è una volontà, c’è un modo [per poterlo fare]. In questi giorni, la Polonia sta riuscendo a offrire il primo soccorso e a ospitare fino a 100 mila rifugiati al giorno». 

La concessione o meno dell’accoglienza, inoltre, sembra non dipendere solo dal colore della pelle delle persone rifugiate ma anche dalla loro classe sociale di appartenenza. Gli afghani accolti in Europa subito dopo la presa del potere da parte dei Talebani, giunti tramite voli appositi, facevano parte dell’élite politico-amministrativa, mentre le persone afghane comuni sono quasi sempre costrette ad affrontare lunghi viaggi a piedi, rischiando la morte durante il viaggio e il respingimento una volta giunte alle frontiere europee.

L’emergenza umanitaria in Ucraina ha comunque dimostrato che, se vuole, l’Europa è in grado di accogliere e di assistere milioni di persone. Ci auguriamo che questa esperienza modifichi in futuro le sue politiche in materia di migrazione e asilo, anche nei confronti di persone di altre etnie e altra provenienza.

Mentre sogniamo e auspichiamo questo cambio di rotta, leggiamo però che Oxfam ha fortemente criticato la decisione del governo italiano di affrontare l’emergenza migratoria provocata dal conflitto tra Russia e Ucraina utilizzando ben 110 milioni di euro già destinati alla cooperazione internazionale e alla gestione di varie crisi umanitarie nel mondo.

Ma come si fa ad operare una scelta tra le donne e i bambini ucraini in fuga dalla guerra e le donne, gli uomini e i bambini che in Somalia o Yemen soffrono la fame e gli effetti tragici della guerra? È assolutamente deprecabile, sottolinea l’associazione umanitaria, che «i paesi donatori spendano dentro i confini nazionali il loro budget per l’aiuto allo sviluppo».

Leggiamo inoltre questo dato molto significativo, che ci ha particolarmente colpito, sul Manifesto del 3 Aprile: nei primi 37 giorni dell’invasione dell’Ucraina ordinata da Putin in Italia sono arrivati 80.622 profughi. Più o meno quanti ne hanno catturati i libici nei cinque anni di memorandum tra Tripoli e Roma. Per fermare quelle persone l’Italia ha ritirato le navi di soccorso, ostacolato le Ong e finanziato le milizie libiche con quasi 1 miliardo.

Quante sofferenze potevano essere evitate e quante vite umane potevano essere salvate se avessimo avuto nei confronti dei migranti provenienti dalla Libia lo stesso atteggiamento che abbiamo oggi nei confronti degli Ucraini? E le ingenti somme date al governo libico per bloccare i migranti non potevano essere usate per accoglierli?

Fonti: Il Manifesto del 23 Marzo e del 3 Aprile, sito di TheVision, sito di Balkan Insight