Stranieri, ma non lontani

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Vi proponiamo oggi ampi stralci di un interessante intervento di Luigi Manconi su Repubblica del 4 Giugno a proposito dello scontro interno agli immigrati di prima e di seconda generazione e del difficile rapporto tra culture molto diverse tra di loro. Manconi ci ricorda che, se l’assimilazione forzata di culture diverse dalla nostra sia una strategia irrispettosa e scorretta, anche un relativismo culturale estremo, disposto ad accettare qualsiasi aspetto delle altre culture, è una strada sbagliata. Occorre invece, secondo Manconi, nei confronti di quegli aspetti delle altre culture lesivi della dignità e dei diritti personali condurre una battaglia culturale «ragionevole e rispettosa, senza alcuna tracotanza e senza alcuna soggezione».

«La vicenda della diciottenne pakistana, Saman Abbas, presumibilmente rapita (forse uccisa) dai propri familiari perché voleva sottrarsi a un matrimonio forzato, solleva questioni enormi. Ci parla di […] un conflitto che vede contrapposte le seconde generazioni alle tradizioni patriarcali e integraliste, spesso dominanti nelle proprie famiglie; e che porta tanti ragazzi e ragazze a percorrere la strada dell’affermazione dei propri diritti e della piena inclusione nel sistema di cittadinanza.

«Ma la storia di Saman ci dice quanto possano essere faticose e dolorose l’integrazione – il termine è imperfetto ma è l’unico disponibile – degli stranieri, all’interno del nostro ordinamento giuridico e del nostro sistema culturale e sociale e l’accettazione delle leggi dello Stato di diritto e dei valori su cui si fonda.

«In termini generali, c’è poco da aggiungere: i principi della Costituzione italiana e i diritti universali della persona valgono per tutti. Dunque, chi non rispetta la parità tra maschi e femmine all’interno della famiglia, nella formazione scolastica e lavorativa e nelle scelte affettive, sessuali, coniugali, commette reato e va sanzionato. Ancor più quando si attenti a quel diritto umano fondamentale che è l’integrità fisica e psichica: come è nel caso della pratica – prima culturale che religiosa – delle mutilazioni genitali femminili.

«Rispetto a tutto ciò, qualsiasi interpretazione in termini di relativismo culturale e di tutela delle “culture altre”, non è solo un grave errore, è una mascalzonata sottilmente razzista: in quanto muove dal presupposto che vi siano determinati individui, gruppi o etnie non meritevoli della protezione dei diritti universali.

«Perché, dunque, la vicenda di Saman è stata sottovalutata da parte di media e opinione pubblica? [….] Ciò che pesa è il fatto che le relazioni all’interno delle comunità e delle famiglie di stranieri, sembrano appartenere a mondi lontani e inaccessibili, dai quali difenderci e comunque prendere le distanze. Dietro, c’è un’idea di società rigorosamente ripartita per nicchie distinte e autonome. La sola preoccupazione è che non minaccino la nostra sicurezza e i nostri beni, ma su cosa accada al loro interno la rimozione è la scelta, degli individui e delle istituzioni, meno ansiogena e più tranquillizzante.

«Ne consegue la difficoltà di un confronto ravvicinato – anche aspro e conflittuale – tra differenti culture e sistemi di valori. Il che alimenta la separatezza di quelle comunità e di quelle famiglie, al cui interno è più facile che si perpetuino rapporti di potere arcaici. Nella vicenda di Saman, per la verità, le istituzioni pubbliche si sono mosse, ma nella tensione tra due progetti di vita (quello della diciottenne e quello dei suoi genitori), ha finito col prevalere, in ragione della violenza esercitata, l’ordine della tradizione più cupa.

«[…] Non accade sempre così, la sorte di Saman non è unica ma non è nemmeno generalizzabile. La gran parte dei giovani stranieri tende a rassomigliare ai nostri figli e non solo nei costumi e nei consumi: anche nella consapevolezza dei propri diritti.

«[Ma purtroppo casi come quelli di Saman si verificano con una certa frequenza per cui] Lo Stato deve fare la sua parte. […] e molto possono fare gli italiani che nelle scuole, nei posti di lavoro, nei condomini, devono condurre una loro quotidiana battaglia culturale, ragionevole e rispettosa, senza alcuna tracotanza e senza alcuna soggezione. Ne verrà incentivata la convivenza pacifica tra stili di vita e sistemi morali destinati comunque a coabitare».