All’inizio di una svolta

I migranti irregolari, i cosiddetti “invisibili”, lasciati a marcire nei ghetti e costretti a condizioni di lavoro disumane, possono diventare, in momenti di emergenza, una risorsa preziosa.

Ed ecco che presso i ministeri dell’Agricoltura, del Lavoro, degli Interni, dell’Economia e della Giustizia ha iniziato a circolare da sabato 18 Aprile una bozza di legge per la loro regolarizzazione.
La bozza, che dovrebbe presto trasformarsi in Decreto Legge, prevede che chi vuole stipulare un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri in condizioni di irregolarità può presentare una domanda allo sportello unico per l’immigrazione. Il contratto, non superiore a un anno, dà diritto ad ottenere un permesso di soggiorno che può essere rinnovato tramite nuovi rapporti di lavoro.

In seguito al blocco, all’interno dei propri confini, di tanti lavoratori stagionali polacchi, bulgari e romeni, slovacchi e albanesi tornati a casa, si è prodotta in Italia una carenza di manodopera stagionale tra le 270 e le 350 mila unità con il rischio di perdere il 35% di ciò che c’è nei campi, soprattutto nel Nord, dove questi lavoratori erano prevalentemente impiegati. Si corre in pratica il rischio di un’estate di raccolti mancati insieme a quello di un peggioramento della situazione sanitaria se il Covid-19 dovesse penetrare nei ghetti dove vivono i migranti irregolari.

Da qui l’esigenza di una regolarizzazione che ovviamente non può che rallegrarci, anche se avremmo preferito che non fosse il Coronavirus a costringere il Governo a prendere questa decisione. La bozza di legge sembra che preveda inoltre nel medio periodo, ovvero in autunno, la revisione del decreto flussi con la concessione di permessi di soggiorno per la ricerca di un lavoro; se la decisione dovesse essere effettivamente presa, si tratterebbe di un superamento della Legge Bossi-Fini che prevede invece che si abbia un contratto di lavoro già prima di arrivare in Italia.

Questa bozza di legge è stata elaborata dalla I Commissione della Camera che da tempo discuteva della Proposta di Legge di Iniziativa popolare promossa dalla Campagna Ero Straniero e consegnata a fine 2017 al Parlamento con più di 90mila firme di supporto. Alla campagna avevano dato vita tante associazioni, dai Radicali Italiani a Oxfam Italia, dall’ARCI alla Federazione Chiese Evangeliche, da ActionAid Italia a Legambiente, con il sostegno
di numerosi sindaci e decine di altre organizzazioni.

I responsabili della Campagna si sono espressi nei giorni scorsi sulla proposta attualmente in discussione in questi termini: “La bozza di decreto circolata va finalmente incontro alla richiesta che da tempo come campagna Ero straniero rivolgiamo al governo […] Si tratta di una scelta di legalità e sicurezza ora più che mai necessaria, con effetti positivi molteplici. Si offre l’opportunità di vivere e lavorare legalmente a chi già si trova nel nostro Paese ma che, senza titolo di soggiorno, è spesso costretto a lavoro nero e sfruttamento.

Si hanno maggiore controllo e contezza della presenza sui nostri territori di centinaia di migliaia di persone di cui oggi non sappiamo nulla, e quindi maggiore sicurezza per tutti, soprattutto nel periodo di emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Si ottengono nuove entrate fiscali e contributive, preziosissime, in questo momento, e si va incontro alle richieste pressanti dei tanti datori di lavoro che, bisognosi di personale, non possono assumere persone senza documenti.

La bozza però, secondo il Comitato della Campagna Ero straniero, presenta dei limiti alquanto gravi: innanzitutto non riguarderà tutti gli stranieri irregolari attualmente presenti in Italia, ma solo coloro che hanno la possibilità di avere un contratto come braccianti in agricoltura. Si tratta più o meno di 200 mila persone su più di 600 mila irregolari presenti in Italia, molti dei quali divenuti tali a causa dei Decreti Sicurezza. La logica sottesa alla bozza di legge è prettamente utilitaristica: in pratica quante braccia migranti servono al sistema produttivo dell’agricoltura? 200.000 mila? Ebbene, tante saranno le regolarizzazioni. Quando invece l’approccio dovrebbe essere : quante sono le persone senza documenti, e quindi senza tutele sanitarie, economiche, abitative? Non è accettabile prendere in considerazione solo solo chi ci è utile, e ignorare tutte le altre persone a cui vanno riconosciuti dignità e diritti.

Ci vuole più coraggio: ci vuole il coraggio del Portogallo, che ha fatto della regolarizzazione di tutti i migranti una delle prime misure politiche di reazione alla pandemia. Lo stesso Tito Boeri, ex presidente Inps lo sosteneva lin un articolo su Repubblica del 16
Aprile : “abbiamo bisogno di regolarizzare, «volenti o nolenti», tutti gli immigrati irregolari impiegati in nero”.

Inoltre, se è molto positivo il fatto che lo stipendio proposto non possa essere inferiore al minimo sindacale, è molto limitante il fatto che il permesso di soggiorno possa essere solo a tempo determinato, massimo un anno, sebbene rinnovabile.

Fonti:

  • Repubblica e Corriere della Sera del 20 Aprile
  • Vita, giornale online, del 19 Aprile
  • Repubblica del 16 Aprile