L’Italia rinnova il patto con la Libia

Nonostante le numerose denunce relative alle violazioni dei diritti umani per mano di trafficanti e funzionari pubblici libici, il governo italiano ha deciso di non revocare il Memorandum d’intesa Italia-Libia sui migranti, siglato il 2 febbraio 2017 dal Governo Gentiloni; l’accordo sarà rinnovato per altri tre anni, anche se con alcune modifiche proposte dal Governo italiano, ora all’esame del Governo di Accordo Nazionale presieduto da Fayez Al Serraj.

Le modifiche su cui si sta lavorando (in base all’articolo 7 del Memorandum) riguarderebbero la presenza delle organizzazioni umanitarie all’interno dei centri di detenzione, la possibilità di riattivare programmi di evacuazione e rimpatrio e in generale il miglioramento delle
condizioni nei 19 centri governativi ufficiali, in cui al momento le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie hanno un accesso molto limitato.

Le rettifiche all’accordo, verso cui il governo di Tripoli si è dimostrato aperto nonostante la precondizione di aderenza agli interessi statali, non ne cambierebbero l’impianto generale. Pertanto il governo italiano sembra non tener conto delle denunce delle Nazioni Unite e delle difficoltà legate all’ingente numero di migranti illegalmente trattenuti in Libia, tra cui
l’impossibilità di prestare soccorso, di creare corridoi umanitari o di rimpatriare chi dalla Libia non vuole nemmeno più venire in Europa, ma tornare al proprio Paese di origine.

Proprio un recente rapporto delle Nazioni Unite delinea un meccanismo criminale messo in piedi dalla guardia costiera libica, trafficanti e esponenti dello stato nordafricano: uomini e donne intercettati in mare solo per essere condotti in centri di detenzione non ufficiali, dove vengono torturati, posti in schiavitù, stuprati e infine rivenduti ai trafficanti da funzionari
governativi corrotti; il tutto con l’utilizzo degli ingenti fondi forniti al governo di Al Serraj proprio dall’ Italia e dall’ Europa.
Già nel 2017 l’Onu aveva evidenziato la problematicità dell’azione dei guardacoste, in un rapporto in cui ne denunciava il coinvolgimento “in gravi violazioni dei diritti umani”. Questa volta, però, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres alza il tiro e descrive quello che somiglia ad un vero e proprio cartello criminale, responsabile della scomparsa di centinaia di persone. Uomini e donne di cui , una volta sbarcati a terra, si perdono ufficialmente le tracce e che finirebbero prigionieri in centri di detenzione non ufficiali.

La decisione del governo italiano di rinnovare l’accordo, nonostante le denunce dell’ONU, ha contribuito negli ultimi giorni ad allargare la platea dei contrari, un fronte trasversale che comprende le ONG e le associazioni che tutelano i diritti dei migranti e in generale i diritti umani.
Ad esempio, secondo le associazioni Oxfam Italia e Borderline Sicilia, “La firma dell’ Accordo Italia-Libia  è stato il primo passo con il quale l’Italia ha messo in atto una strategia volta ad aggirare i vincoli del diritto internazionale in tema di salvaguardia della vita in mare”, per cui il
Memorandum non andava assolutamente rinnovato.
In un loro report si parla di 5.300 morti in due anni, di cui 4.000 solo nella rotta del Mediterraneo centrale, a causa del mancato intervento della Guardia costiera libica e delle restrizioni poste all’azione delle ONG. Senza dimenticare le migliaia di persone detenute nelle carceri libiche, donne e bambini in fuga da guerra e fame, e i 15 mila migranti riportati indietro dalla Guardia costiera libica.

Queste associazioni sottolineano, tra l’altro, che nessuno sa esattamente quanti soldi siano partiti dalle cancellerie europee verso Tripoli, nè quanti altri prenderanno la via del deserto libico; forse il rinnovo automatico del Memorandum italo-libico serve anche ad evitare di mettere a nudo una contabilità da svariati miliardi di euro.
Come evidenziato in un articolo pubblicato sull’Avvenire il 31 ottobre, già nel lontano 2008 il trattato di amicizia firmato da Gheddafi e Berlusconi prevedeva che l’Italia fornisse cinque miliardi di dollari in cambio dell’impegno di Tripoli a intensificare i pattugliamenti in mare e
via terra per fermare i migranti. E negli ultimi anni Roma avrebbe elargito ai libici almeno 150 milioni solo per la cosiddetta Guardia costiera e per “migliorare” le condizioni dei diritti umani.

Cifre enormi che avrebbero potute essere utilizzate per realizzare corridoi umanitari e garantire un processo di integrazione dei migranti degno di questo nome.