Comandante o trafficante? Ecco cosa sappiamo di Al- Bija

Nelle ultime due settimane abbiamo sentito spesso parlare di un “trafficante libico”. I telegiornali e i media hanno frequentemente nominato al-Bija e la possibile interazione con la mafia libica contemporanea alla sua partecipazione all’accordo italo-libico sulla riduzione dell’afflusso migratorio proveniente dall’Africa subsahariana e diretto verso le nostre coste.

Ma chi è davvero Bija? E soprattutto, l’intelligence italiana conosceva la sua vera identità già prima che prendesse parte ad un accordo ufficiale?

Ebbene, oggi cercheremo di offrirvi delle informazioni sul presunto “comandante della guardia costiera libica” e sulla sua attività precedente e successiva all’accordo realizzato con il governo Gentiloni, prendendo spunto dall’articolo a firma di Nello Scavo pubblicato il 4 Ottobre sull’Avvenire, l’organo di stampa della Conferenza Episcopale Italiana.

Scavo sottolinea come già nel 2016 ci fossero state molte inchieste giornalistiche sulla figura di Al Bija, tra cui quelle di Panorama e dell’Espresso, e come il soggetto fosse addirittura sotto accusa da parte delle Nazioni Unite. La Corte Penale Internazionale dell’Aja, infatti, indagò su di lui per i crimini commessi contro i migranti, per le torture in terra libica e per le armi da fuoco utilizzate per affondare le navi che partivano dalle coste locali e che, secondo alcune inchieste, appartenevano a ONG o semplicemente a gruppi nazionali rivali.

Proprio a tal proposito, pochi giorni dopo la ratifica dell’accordo italo-libico, emerse un rapporto del Consiglio di sicurezza in cui si denunciava il coinvolgimento di Bija e altri membri della Guardia costiera libica nell’affondamento di imbarcazioni di migranti attraverso armi da fuoco e in cui si richiedeva il congelamento dei beni e il divieto di viaggio di Bija al di fuori della Libia.

Insomma, la reale identità di Abd al-Rahman al-Milad (Bija) era già nota alle autorità italiane, ma nonostante ciò l’accordo è stato firmato e ha garantito al traffico di migranti di continuare ad essere garante di un business attivo non più nell’informalità del settore criminale ma nella formalità di documenti e accordi ufficiali.

Ma non è tutto. In un dossier di particolare importanza le Nazioni Unite hanno sottolineato il forte legame di Bija ai cugini Koshlaf, dirigenti della “Petroleum Facilities Guard”, organo privato di controllo dell’attività di raffineria in loco e del traffico di uomini che, secondo fonti, gli forniscono protezione per svolgere operazioni illecite.

Ma cosa è successo dopo l’accordo italo-libico del 2017? Stando all’intervista realizzata dall’inviato del Tg1 Amedeo Ricucci, il giovane trafficante avrebbe fatto intendere come, in cambio di un ricco appalto per gestire la sicurezza dei siti petroliferi concessi ad aziende italiane, avrebbe “abbandonato” il mondo della criminalità.

In realtà proprio nei giorni scorsi, mentre gli investigatori di Agrigento e Palermo indagavano per arrestate tre presunti torturatori camuffati tra i migranti dell’hotspot di Messina, alcune delle vittime hanno raccontato che a decidere chi imbarcare sui gommoni era un uomo libico, di nome “Bingi” (fonetico), al quale mancavano due falangi della mano destra (perse proprio da Bija durante i combattimenti anti Gheddafi del 2011), che decideva chi doveva imbarcarsi e che si presentava sempre armato.

Inoltre, diversi testimoni in indagini penali «hanno dichiarato – si legge nei report dell’Onu e dell’Aja – di essere stati prelevati in mare da uomini armati su una nave della Guardia Costiera chiamata Tallil (usata da Bija) e portata al centro di detenzione di al-Nasr, dove secondo quanto riferito sarebbero stati detenuti in condizioni brutali e sottoposti a torture».

Se tutto ciò corrisponde al vero, ci troveremmo di fronte a fatti di una gravità inaudita: è possibile che pur di non far arrivare dei disperati sulle nostre coste ci si accordi con criminali di tal fatta?

per saperne di più: https://www.avvenire.it/attualita/pagine/dalla-libia-al-mineo-negoziato-boss-libico