Quando essere solidali diventa un reato

Oggi torniamo a parlare di We are a welcoming Europe e di altre sue  battaglie.

«In 12 paesi dell’Unione aiutare in qualsiasi modo un migrante “clandestino” è considerato un reato: anche comprargli un biglietto del treno o dargli un passaggio non è legale, in quanto viene considerato come favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Ci troviamo in pratica di fronte al “reato di solidarietà”.

E’ quello che è accaduto alle ONG impegnate nel soccorso nel Mediterraneo che hanno semplicemente seguito la regola fondamentale del diritto internazionale del mare: salvare vite umane.
Ma non solo: ricordiamo che un anno fa una guida alpina francese è stata accusata di traffico di essere umani per aver soccorso una donna migrante, incinta all’ottavo mese, che assieme alla sua famiglia stava tentando di attraversare il confine tra Italia e Francia. Il fine dei governi è quello di scoraggiare i volontari dal fornire aiuto umanitario  poiché credono che questo possa costituire un fattore di attrazione per i flussi migratori.

We are a welcoming Europe si sta appunto impegnando perché la Commissione  europea modifichi l’attuale direttiva dell’UE sul favoreggiamento (2002/90 /CE) affinché i cittadini europei possano  offrire aiuti umanitari e assistenza, senza il rischio di sanzioni o azioni penali.  E’ fondamentale inoltre, per impedire le morti nel Mediterraneo, aprire vie d’accesso legali e sicure e favorire, come abbiamo detto in un precedente articolo, la sponsorship privata.

In Italia, a partire dal 2016, alcune organizzazioni religiose (Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Chiese valdesi e metodiste, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e Conferenza Episcopale Italiana) hanno firmato degli accordi specifici con il governo italiano aprendo dei Corridoi Umanitari dal Libano e dall’Etiopia, interamente finanziati con fondi privati, permettendo  a più di 2 mila richiedenti asilo di raggiungere in sicurezza l’Italia e di essere accolti e integrati all’interno delle comunità sul territorio. 
Esperienze che si sono realizzate anche in Francia e in Belgio, dove organizzazioni cristiane hanno aperto corridoi umanitari sul modello di quelli italiani.  E’ necessario che queste esperienze siano sostenute ed estese.Inoltre molti dei  migranti che vivono all’interno degli Stati europei sono vittime di abusi o vengono sfruttati sul lavoro: abusi e sfruttamento che non vengono denunciati per non correre il rischio di essere arrestati, detenuti e rimpatriati a causa della condizione irregolare.

We are a welcoming Europe si propone di  garantire giustizia alle vittime di sfruttamento lavorativo e di violazioni dei diritti umani  proponendo l’introduzione in tutti gli Stati membri di  meccanismi che permettano alle vittime di presentare ricorsi e sporgere denunce in modo sicuro.

Si  chiede inoltre “tutela nel caso di violazioni dei diritti fondamentali compiute da parte dell’Agenzia Europea, della Guardia di frontiera e costiera e dei corpi militari impiegati nel controllo alle frontiere da parte dei singoli Stati membri e soprattutto da parte delle forze dei paesi terzi sostenuti dall’UE o dai singoli Stati membri. Qualora non sia garantito un meccanismo adeguato di tutela, la Commissione Europea o il singolo Stato membro devono sospendere il supporto finanziario e tecnico fornito.

Con chiaro riferimento alla Libia e alla Turchia, paesi con i quali sono stati stretti accordi per il trattenimento dei migranti nel loro territorio, e dove, purtoppo,  di certo non vengono garantiti i diritti umani».

Per saperne di più

welcomingeurope.it/

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