Le interviste

Attivismo climatico: storie di lotta e di cura della comunità

Sradicatə è una serie di articoli che mira a esplorare in profondità i legami intricati tra la crisi climatica e le migrazioni. Una parte essenziale del nostro approccio è stata la focalizzazione su paesi target della ricerca – Italia, Iraq, Tunisia -, ritenendo fondamentale ottenere una visione dettagliata del punto di vista di coloro che sono coinvolti attivamente nella gestione della crisi climatica e delle sue conseguenze. In particolare, abbiamo voluto approfondire la storia personale dei nostri intervistati in relazione alla crisi climatica, riconoscendo che le loro esperienze dirette possono offrire una chiave di lettura fondamentale per comprendere le dinamiche complesse di questo fenomeno globale. Ci siamo concentrate su tre aspetti principali: la prima sezione raccoglie preziose informazioni su alcuni aspetti del percorso di vita dei partecipanti; il segmento sul lavoro da attivista, concepito con l'obiettivo di raccogliere informazioni dettagliate sulla loro esperienza di attivismo e coinvolgimento attivo nella gestione della crisi climatica; infine, la sezione «Crisi climatica e migrazioni», il cui focus specifico è sul clima e sulle migrazioni climatiche, esplorando le percezioni e le preoccupazioni dei partecipanti su questi temi cruciali. Le conclusioni tratte dalle risposte ci offrono una prospettiva preziosa sulla relazione dinamica tra crisi climatica e migrazioni.

Crisi climatica e attivismo in Iraq: intervista a un attivista ambientale 

Questo articolo esplora l'impatto del cambiamento climatico e delle migrazioni climatiche in Iraq, utilizzando un'analisi condotta tramite la somministrazione di questionari ad un attivista coinvolto nella gestione della crisi climatica. L'articolo riporta l'attività svolta dall'intervistato. Lo scopo è quello di evidenziare le voci di chi è direttamente coinvolto nella gestione della crisi climatica sul territorio. 

Risposte al questionario 

A rispondere al questionario è Hussam Sobhi, attivista e giornalista  nei settori dell’ambiente e dell’acqua. Hussam racconta di essere laureato in Life Sciences e di essere un ricercatore che studia gli effetti del cambiamento climatico in Iraq. È uno dei fondatori dell’Iraqi Green Observatory. L'osservatorio fornisce dati e informazioni fondamentali per comprendere la complessità della situazione ambientale e sviluppare strategie di adattamento e mitigazione. Hussam racconta di stare lavorando anche come Office manager & Project assistant for DAI GLOBAL, EU foundation, una fondazione che opera sotto il patrocinio dell'Unione Europea.  

Il lavoro di attivista 

Hussam racconta che in Iraq l'attivismo è stato una forza trainante nella lotta per i diritti umani, la democrazia e la giustizia sociale. Dopo anni di regime autoritario sotto Saddam Hussein e il caos successivo all'invasione aa guida statunitense del 2003, i cittadini iracheni hanno abbracciato l'attivismo come strumento per il cambiamento. Le organizzazioni della società civile, i gruppi di difesa dei diritti umani e gli attivisti indipendenti si sono uniti per affrontare questioni varie e collegate, dalla libertà di espressione alla giustizia economica.  

Nel contesto dell'attuale crisi climatica, dice Hussam, affrontiamo molteplici sfide che influenzano direttamente la nostra vita quotidiana e il nostro territorio. Le tempeste di sabbia sono diventate più frequenti e intense, limitando la visibilità e creando condizioni pericolose per le attività all'aperto. L'aumento dell'inquinamento atmosferico, dovuto all'elevato numero di veicoli sulle strade, ha contribuito a problemi respiratori e ha posto rischi per la salute dei residenti. L'inquinamento delle acque è diventato una preoccupazione sempre più urgente, con i rifiuti industriali e le acque reflue non trattate che contaminano le fonti idriche locali, mettendo a repentaglio la salute delle comunità che dipendono da queste risorse per sopravvivere. Inoltre, l'inquinamento acustico ha aggiunto ulteriori disturbi alla nostra vita quotidiana, con il costante rumore del traffico e delle attività industriali che interrompe la tranquillità delle nostre aree residenziali e disturba il sonno, il benessere mentale e la qualità della vita. Come attivisti ambientali e giornalisti in Iraq, sostiene Hussam, il nostro lavoro è dedicato a sensibilizzare l'opinione pubblica su questioni ambientali urgenti come la scarsità d'acqua, l'inquinamento e la deforestazione. Ci impegniamo attivamente con le comunità locali attraverso iniziative di base e sosteniamo cambiamenti politici a livello governativo per promuovere un ambiente più sano e sostenibile per tutti.   

L’Iraq Green Observatory ha organizzato workshop e attività per formare le comunità locali nella collezione di dati per il monitoraggio delle questioni ambientali. “ Il loro entusiasmo ha portato alla raccolta di dati preziosi, che hanno informato il processo decisionale e hanno dato alle comunità la possibilità di sostenere il cambiamento. Il lancio della piattaforma Iraq Green Observatory è servito come hub centralizzato per i dati ambientali, favorendo l'azione collaborativa e il processo decisionale informato a tutti i livelli. Questa iniziativa ha dimostrato la forza dell'impegno della comunità e dell'attivismo basato sui dati per affrontare le sfide ambientali in Iraq”. L’inclusione della società civile è fondamentale per il lavoro dell’associazione, che include anche l'organizzazione di seminari ed eventi pubblici, l'uso dei social media per diffondere informazioni e la collaborazione con i media locali. L’Observatory collabora anche con ONG, università, comunità locali e organizzazioni internazionali “…per condividere risorse, competenze e coordinare gli sforzi verso obiettivi ambientali comuni. Queste collaborazioni ci permettono di massimizzare il nostro impatto, di accedere a dati e ricerche preziose, di sostenere i cambiamenti politici e di garantire che le nostre iniziative siano culturalmente sensibili e rilevanti per le comunità locali”.  

Hussam afferma che la consapevolezza della crisi climatica nelle comunità è compromessa da una serie di fattori interconnessi: l'accesso limitato alle informazioni rappresenta una sfida fondamentale, con la scarsa connettività a Internet e le risorse educative limitate che ostacolano la diffusione delle conoscenze sulla questione. Inoltre, la priorità data alle esigenze immediate come la sicurezza e la stabilità economica spesso relega le questioni a lungo termine, come il cambiamento climatico, in secondo piano. Questa situazione è esacerbata dalle barriere linguistiche, che limitano l'accesso alle informazioni disponibili prevalentemente in lingue non ampiamente comprese nella regione. L'attenzione insufficiente da parte dei governi e dei media è un altro fattore cruciale. Se le questioni legate al clima non sono prioritarie nell'agenda politica o non ricevono una copertura adeguata dai media, la consapevolezza pubblica rimane bassa. In aggiunta, gli atteggiamenti culturali possono influenzare la percezione della crisi climatica, specialmente in società con scarsa alfabetizzazione scientifica o con credenze tradizionali che possono essere in contrasto con le scoperte scientifiche. 

Secondo Hussam, affrontare queste barriere richiede un impegno globale e coordinato. Migliorare l'accesso alle informazioni, dando priorità alle campagne di sensibilizzazione e integrando il tema dei cambiamenti climatici nelle agende politiche sono passi fondamentali. Inoltre, promuovere la collaborazione e il sostegno internazionale può aiutare a superare le sfide legate alla crisi climatica, consentendo alle comunità di affrontare in modo efficace le sfide ambientali come la scarsità d'acqua e l'inquinamento atmosferico. 

 Per quanto riguarda la struttura della propria organizzazione, Hussam racconta che l’Iraq Green Observatory Committee usa un approccio di costruzione del consenso all’interno del gruppo: anche se a volte si usa il meccanismo del voto, in genere si cerca di costruire insieme una posizione comune nata dal dibattito fra attivisti e attiviste. Il Committee è guidato da politiche e principi  chiave: la gestione ambientale rappresenta un impegno centrale, con l'obiettivo di proteggere e preservare l'ambiente iracheno attraverso pratiche sostenibili e advocacy. La trasparenza e la responsabilità sono altrettanto cruciali, con una forte enfasi sulla divulgazione delle informazioni e l'assunzione di responsabilità per le azioni intraprese. Inoltre, l'inclusività e la diversità sono abbracciate pienamente, con l'accoglienza di membri provenienti da diverse prospettive e background per contribuire al lavoro del gruppo. La collaborazione e le partnership sono considerate essenziali, riconoscendo il valore del lavoro di squadra nel raggiungere obiettivi ambientali comuni. Il gruppo si basa sull'evidenza scientifica per guidare le sue decisioni e azioni, garantendo che le iniziative siano fondate su solide basi scientifiche. Inoltre, viene data grande importanza al coinvolgimento delle comunità locali, cercando attivamente il loro contributo e coinvolgendo nei processi decisionali per garantire che gli sforzi siano rilevanti e rispondenti alle loro esigenze: “Come attivisti ambientali, interagiamo con la comunità locale lavorando per aumentare la consapevolezza, impoterandoli ad agire, difendendo i loro interessi, sviluppando collaborazioni e rispettando i loro valori culturali”. Infine, il gruppo rimane flessibile e aperto all'innovazione, cercando costantemente nuove idee e approcci per affrontare le sfide ambientali in evoluzione. Queste politiche e principi costituiscono il fondamento delle operazioni del gruppo, definendo le priorità e le azioni mentre lavorano per raggiungere gli obiettivi ambientali. 

Crisi climatica e migrazione

L'area più colpita dai cambiamenti climatici, secondo Hussam,  sembra essere la salute e il benessere, insieme alla partecipazione politica e all'economia. Questo suggerisce che la crisi climatica ha ampie ramificazioni sociali ed economiche che influenzano profondamente la vita quotidiana delle persone. La riduzione dei livelli d'acqua e la siccità emergono come fattori trainanti di migrazioni interne, con comunità costrette a lasciare le loro terre d'origine per cercare modi alternativi di sostentamento.  Hussam racconta che il sud dell’Iraq è la parte più colpita dalla crisi climatica: alcuni suoi amici che abitano nella regione delle paludi “hanno perso il loro stile di vita tradizionale a causa delle siccità prolungate. Questo li ha forzati a spostarsi verso le aree urbane per sostenersi in qualche modo”.  

Conclusioni 

Nonostante gli ostacoli come l'instabilità politica, le risorse limitate e le preoccupazioni per la sicurezza, Hussam scrive di essere motivato dalla responsabilità verso il pianeta e le generazioni future. La resilienza e la determinazione degli altri attivisti lo ispirano a perseverare nei suoi sforzi nonostante le sfide. 

Dalle parole di Hussam emerge la convizione che per affrontare la crisi climatica servano politiche integrate e cooperazione internazionale come strumenti per costruire resilienza e sistemi di allerta rapidi per raggiungere obiettivi comuni, come la giustizia climatica.  

Sara Raffaeli

Crisi climatica e attivismo in Tunisia : intervista a due attivisti ambientali 

Questo articolo esplora l'impatto del cambiamento climatico e delle migrazioni climatiche sulla Tunisia, utilizzando un'analisi condotta intervistando, anche tramite la somministrazione di questionari, due persone coinvolte nella gestione della crisi climatica. L'articolo riporta  le attività svolte condivise dagli intervistati. Lo scopo è quello di evidenziare le voci di chi è direttamente coinvolto nella gestione della crisi climatica sul territorio. 

Risposte al questionario

A rispondere al questionario sono Adel, un consulente ambientale residente a Tunisi, e G., un ingegnere civile.  «Non mi piace molto essere limitato a definirmi attivista o un militante, perché credo che ognuno di noi possa essere un attivista o un militante», afferma Adel, che si definisce piuttosto un cittadino impegnato, convinto che ognuno di noi possa contribuire al cambiamento e alla giustizia con il proprio modo d'agire; per questo preferisce evitare di definirsi attivista, sottolineando la dimensione quotidiana del proprio ruolo. «Sto combattendo con impegno per il cambiamento climatico o la corruzione ambientale», afferma Adel.  

G. si impegna sin dall'adolescenza nelle lotte per i diritti, focalizzando il suo operato sull'inquinamento industriale chimico. 

Ci viene raccontato da Adel  e da G. che la crisi climatica ha gettato una lunga ombra su due gioielli naturali della Tunisia: Gabès e Kerkennah. In queste terre bagnate dal Mar Mediterraneo si sta agendo contro l'inquinamento industriale e i cambiamenti climatici che coinvolge sia la società civile che gli attivisti, determinati a proteggere il loro ambiente e il loro patrimonio. 

Gabès, l'unica oasi marittima al mondo, è minacciata dall'inquinamento industriale e dai cambiamenti climatici. Questa oasi non è solo una risorsa naturale, ma anche un patrimonio culturale e identitario per la comunità locale. Tuttavia, la scarsità d'acqua e l'aumento della salinità del suolo stanno mettendo a rischio la sua esistenza stessa.   

Mentre a Gabès si combatte contro l'inquinamento industriale, sull'arcipelago di Kerkennah la minaccia principale è rappresentata dall'innalzamento del livello del mare causato dai cambiamenti climatici. Le comunità locali, guidate da associazioni ambientali come l'Associazione Giovani Scienze Kerkennah, stanno cercando di adattarsi a questi impatti e proteggere le loro risorse naturali, tra cui una ricca diversità marina e le tartarughe marine minacciate. 

Queste due realtà distinte, Gabès e Kerkennah, condividono una lotta comune per la sopravvivenza e la conservazione del loro ambiente naturale. Entrambe, seppur uniche nelle loro peculiarità, richiedono azioni immediate e concrete per affrontare la crisi climatica e proteggere le loro terre e le loro comunità. 

Il lavoro di attivista

Entrambi gli intervistati notano con preoccupazione la bassa consapevolezza della comunità sulla crisi climatica e sottolineano  l’importanza di aumentare la sensibilizzazione e l'istruzione pubblica su questi temi. Adel ci spiega il motivo di tale mancanza di consapevolezza: osserva che la situazione in Tunisia è difficile, sia dal punto di vista economico, che sociale e politico. Dopo la rivoluzione tunisina e le conseguenze che ha portato con sé, molti non prestano attenzione alle questioni ambientali o al cambiamento climatico, considerandoli argomenti non prioritari rispetto ad altre sfide più pressanti. Adel, come molti altri, si impegna costantemente a creare un collegamento tra le questioni economiche e sociali e quelle ambientali, poiché ritiene che il cambiamento climatico abbia un impatto significativo sull'economia e sulla società. Il suo obiettivo è sensibilizzare le persone sull'importanza di comprendere il legame tra questi due ambiti e osserva che, con l'impatto sempre più evidente del clima, le persone stanno iniziando a comprendere meglio il pericolo del cambiamento climatico nella vita quotidiana. Anche G. si impegna nella mobilitazione locale e internazionale attraverso azioni dirette e partecipazione a eventi climatici globali. Nel corso degli ultimi dieci anni, la Tunisia ha subito cambiamenti climatici evidenti e rapidi. Secondo quanto riportato da Adel in Tunisia ci sono diversi tipi di impatti sull’ambiente: non solo quello dovuto al riscaldamento globale, ma anche quello portato dall’inquinamento industriale. Lui ritiene che quando si parla di inquinamento atmosferico o inquinamento da plastica, ci si trova di fronte a una responsabilità del governo. Tuttavia, quando si tratta del cambiamento climatico e dei suoi effetti, la questione si amplifica, coinvolgendo l'intero paese.  

L'impatto del cambiamento climatico si fa sentire con temperature elevate e crisi idriche, che sono cruciali per la vita, la salute, il cibo e l'agricoltura. 

La mancanza di pioggia e l'innalzamento del livello del mare stanno influenzando alcune parti della costa tunisina. Un esempio lampante, secondo Adel, è dettato dalla situazione delle isole (come Kerkennah) che potrebbero essere colpite dall'innalzamento del livello del mare entro il 2040. Questo scenario evidenzia il legame indissolubile tra azione politica e soluzioni ambientali. Analogamente, G. sottolinea come la siccità e la scarsità d'acqua siano diventate gravi problemi. Il suo impegno si concentra sul contrastare l'inquinamento industriale e sull'adozione di pratiche costruttive eco-sostenibili. L'approccio innovativo di G. si riflette nel suo lavoro come ingegnere civile, che cerca di ridurre l'uso di materiali ad alto impatto ambientale come il cemento, responsabile di una significativa percentuale di emissioni di gas serra nel settore delle costruzioni.  

Adel. ha anche partecipato al progetto "Eco-friendly". Una trasmissione radiofonica ideata con un consulente ambientale impegnato nella sensibilizzazione e nella promozione della sostenibilità. Avviata circa due anni fa, nel giugno 2022, la trasmissione è tuttora in corso, va  in onda ogni domenica dalle 11:00 alle 12:00. L'obiettivo principale del progetto è quello di fornire una piattaforma per discutere della situazione ambientale e climatica non solo in Tunisia, ma anche a livello globale. Durante ogni episodio vengono invitati ospiti provenienti da diversi settori e background, inclusi attivisti sociali, imprenditori e artisti responsabili, al fine di esplorare temi specifici come l'educazione ambientale, la sostenibilità e l'inquinamento da plastica. L’iniziativa mira a condividere nuove conoscenze, promuovere la consapevolezza e incoraggiare azioni concrete per preservare l'ambiente. Finora, il progetto ha trasmesso circa 34 episodi, offrendo un ampio spettro di prospettive e approfondimenti sulla questione ambientale. Adel, infine, continua a credere nell'importanza di coinvolgere esperti e ricercatori per offrire una visione completa e approfondita sui temi trattati. 

Entrambi gli intervistati affrontano ostacoli, dall'instabilità politica alle minacce morali. Il valore più importante per Adel è la tolleranza, ritenendo fondamentale trovare un equilibrio tra i diritti umani e quelli ambientali. Sottolinea che difendere l'ambiente implica anche la difesa degli ecosistemi e dei diritti umani. Si ritiene un pacifista di natura e cerca costantemente di respingere e non sostenere in alcun modo qualsiasi manifestazione di violenza, che sia espressa verbalmente o fisicamente. Parlando dell'instabilità politica, Adel osserva che questa colpisce alcune persone più di altre e che nel suo lavoro cerca sempre di coinvolgere più persone possibile. Sottolinea che la mancanza di un parlamento stabile e l'accesso limitato alle informazioni influenzano il lavoro dei “cittadini impegnati” perché rendono più difficile agire sulla legislazione ed esercitare pressioni sul governo. Adel osserva che, sebbene in passato potesse mancare interesse per il cambiamento climatico a causa della percezione limitata del suo impatto, oggi la realtà è diversa, dato che ci sono conseguenze ormai evidenti come temperature elevate e crisi idriche. Nonostante le sfide, Adel, rimane ottimista e crede nell'importanza di una forte società civile e di una comunità impegnata. Invita le persone a non aspettarsi che il governo o altri intervengano, ma piuttosto a prendere in mano la situazione e a cercare di migliorare se stessi per il bene comune. Adel sottolinea l'importanza di mantenere un approccio di comunità e di essere cittadini responsabili nel preservare le risorse per tutti. 

Crisi climatica e migrazione

Entrambi gli intervistati riconoscono l'impatto dei cambiamenti climatici nelle loro regioni e nelle vite delle persone. 

Adel sottolinea la diretta influenza della crisi climatica sulle coste e sulle risorse idriche. La sua preoccupazione è manifesta nel punteggio di preoccupazione sul futuro del clima, condiviso da G. Nessuno dei due ha fatto esperienza diretta di migrazione a causa di eventi climatici, ma riconoscono la rilevanza di tale fenomeno. 

G. ha avuto contatti con persone coinvolte in questo fenomeno. Questo contatto lo ha reso consapevole delle difficoltà e delle sfide affrontate da coloro che lasciano le proprie terre a causa dei cambiamenti climatici. 

Conclusioni e ringraziamenti

In conclusione, dalle testimonianze di Adel e G., la Tunisia emerge come terra amata, ricca di storia e cultura, ora teatro di azioni impellenti contro la crisi climatica. Attraverso le loro narrazioni, gli intervistati hanno delineato un percorso verso un futuro più sostenibile, e verso la consapevolezza circa le questioni ambientali. Con un sentimento di gratitudine, porgiamo loro i nostri ringraziamenti. 

Sara Raffaeli

Per approfondire:

https://www.youtube.com/playlist?list=PLsc9EWuGQO8cPOAj4wtQRJZtuTGFMJ44k&nbsp

https://www.youtube.com/watch?v=4HQL5rSP0k0&list=PLsc9EWuGQO8eDst46hL-BzcGBdYNGMOR3&index=5&nbsp

https://timep.org/2023/08/09/rising-seas-bring-rising-threats-to-tunisias-kerkennah-islands/ 

https://timep.org/2022/10/27/gabes-a-victim-of-industrial-pollution-in-tunisia/ 

https://climatepromise.undp.org/fr/news-and-stories/ces-cinq-jeunes-leaders-du-monde-arabe-nous-donnent-espoir-en-matiere-de-lutte

Recuperare la complessità: riflessioni sul cambiamento climatico e le migrazioni in Italia 

Per quanto riguarda l’Italia, risponde al nostro questionario F., attivista di Legambiente.  

F. si definisce una donna energica con tantissimi interessi, dislessica, femminista e ambintalista. Lavorare per Legambiente è il suo impiego principale: coordina progetti di attivismo con i giovani, si occupa di educazione ambientale e facilitazione. Secondo F., in Italia la qualità della vita è accettabile, ma c’è “troppo individualismo e uno scarso senso di comunità” e questo porta “a fenomeni di violenza, non uguaglianza dei diritti, inquinamento generico”.  

Il tuo lavoro di attivista 

F. organizza con il suo circolo locale azioni che vogliono portare ad un miglioramento della sensibilità ambientale e della cura del territorio. Fa educazione ambientale nelle scuole “… per parlare di rifiuti, di gestione delle risorse e dell'inquinamento, della crisi climatica, della fast fashion”, o escursioni “per far conoscere parchi e riserve della nostra zona.” A livello nazionale, invece, si occupa soprattutto del coinvolgimento giovanile nella lotta alla crisi climatica, discutendone con altri under 40 e organizzando incontri per i giovani a livello nazionale e regionale.  

F. afferma che “la crisi climatica ci fa vivere la quotidianità in perenne trasformazione e modifica”. Per esempio, “le temperature così calde e variabili ci fanno vivere la vita in casa”, il gas per il riscaldamento si usa in modo diverso rispetto a dieci anni fa e “il clima e le stagioni sono imprevedibili ma, in base al territorio, ogni evento atmosferico eccessivo potrebbe portare a grosse difficoltà improvvise”. È la siccità a rappresentare uno dei rischi peggiori per la vita, soprattutto per quanto riguarda la mancanza d'acqua: “… se coltivi anche poco si nota la differenza, i fiumi sono sempre più bassi. Non tutti se ne rendono conto ma molti alberi stanno seccando durante le estati”. È più difficile individuare il passaggio da una stagione all’altra. Le precipitazioni sono “meno frequenti ma più abbondanti e imprevedibili, eventi estremi che 10 anni fa erano più rari”.  

I temi principali di cui Legambiente si occupa sono la transizione energetica, l'economia circolare, la mobilità, i giovani e le scuole, le periferie, la conversione industriale verso la sostenibilità e la lotta all'illegalità. F. racconta che a livello locale le decisioni si prendono all’interno di assemblee, mentre a livello regionale e nazionale “c'è una piramide di ruoli e competenze”, ma sottolinea come ci sia sempre più scambio fra i diversi livelli. Per lei, quello che tiene in piedi il gruppo di Legambiente sono “ambientalismo, sostenibilità, ascolto attivo, condivisione, lavoro di gruppo, creatività, cittadinanza attiva, senso civico e mettere a disposizione il proprio tempo”. L’associazione è retta da un grande numero di persone volontarie, ma “serve comunque un aiuto economico che deriva dal tesseramento di soci e volontari e la partecipazione a numerosi bandi pubblici”. 

A livello locale, Legambiente lavora con altre associazioni o movimenti ambientalisti: “cerchiamo di farlo con tutte le realtà territoriali che spingono verso una vita diversa con la natura e la sostenibilità, quindi collaboriamo anche con istituzioni come Comuni, Province o Parchi ma anche aziende, associazioni, movimenti che hanno tematiche comuni alle nostre”. Il rapporto con le istituzioni è sia di collaborazione che di critica e contestazione; mediamente si mantiene buono, “alla peggio veniamo ignorati”, chiosa F. 

F. è preoccupata dalle nuove minacce per l’attivismo in Italia. Scrive: “… esprimere dissenso sta portando a conseguenze e minacce legali o ripercussioni fisiche in sempre più casi. Anche se a livello mediatico mainstream è poco riconosciuto fare attivismo e incidere è sempre più difficile e pericoloso”. Dichiara che, se facesse altri tipi di attivismo, più d’impatto, potrebbe avere ripercussioni legali.  

Secondo F., nella sua comunità c’è un discreto livello di consapevolezza sulla crisi climatica, ma accusa una certa difficoltà nell’entrare nelle bolle di persone con sensibilità lontane. Lei è comunque soddisfatta del suo lavoro come attivista, non solo in campo ambientale ma anche come persona dislessica. Racconta: “… in una escursione ambientale con una scuola ho come sempre dichiarato di essere dislessica, ora aspetto abbastanza comune ma comunque nascosto, una ragazza ore dopo è venuta a dirmi che anche lei lo era e che non aveva il coraggio di dirlo a nessuno, ne abbiamo parlato e si è convinta di volerlo raccontare alle sue strette amiche. Riuscire a dare spinta e coraggio a persone di ogni età di portare un cambiamento nella propria vita verso un benessere generale mi riempie di soddisfazione”. F. ha sempre pensato che “si può fare di meglio, si può vivere meglio e combattere le molte ingiustizie intorno a noi, sulla natura, sugli animali, sugli altri essere umani, uomini donne e bambini e ragazzi.” 

Gli ostacoli maggiori per l’attivismo, secondo lei, sono l’individualismo, la tendenza a nascondere l’impatto delle proprie azioni sia nell’immediato, sia nei confronti delle generazioni future, e “la poca voglia di creare un ambiente di ascolto, cura e aiuto reciproco: un ambiente femminista”. Un ulteriore impedimento è individuato nel ruolo dei media come giornali, tv e social: “polarizza il dibattito, riducendo al minimo la complessità”. Altro ostacolo sono le ripercussioni legali che potrebbero seguire azioni di attivismo più d’impatto, anche se non necessariamente violento o pericoloso. 

F. scrive: “di Terra ne abbiamo una sola, di vita anche… se non lo facciamo tutt3 e ora quando vogliamo aggiustare questo mondo per le prossime generazioni?” 

Crisi climatica e migrazioni 

F. crede che gli effetti del riscaldamento globale si faranno sentire duramente sulla salute fisica e mentale delle persone, oltre che sull’ambiente fisico. Prevede anche che le infrastrutture e le abitazioni saranno fortemente colpite dagli eventi estremi, andando a influenzare negativamente il benessere di persone e territori. Non è stata colpita direttamente da eventi estremi, ma è stata molto impressionata dalle alluvioni e dalle frane in Emilia-Romagna e Toscana e dai ricorrenti incendi in Italia e nel mondo, ed è molto preoccupata per il futuro del clima. Sulla sua vita personale la crisi climatica ha avuto l’impatto ulteriore di generare ecoansia. 

F. non ha mai dovuto migrare per cause climatiche, ma conosce il problema ed è convinta che migrare vada riconosciuto come un diritto di scelta di una persona. 

Conclusioni 

Da questa intervista emerge la necessità di diffondere un senso di responsabilità rispetto alla cura dell’ambiente e del clima ma si percepisce anche l’esistenza di una rete di associazioni che se ne occupano a livello capillare. 


Giulia Bigongiari