La Tunisia

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PARAGRAFO I: LA GEOPOLITICA DEL TERRITORIO TUNISINO E LE IMPLICAZIONI DELLA SCELTA DI POLITICHE ERRATE NELLA LOTTA ALLA CRISI CLIMATICA

1.1. Introduzione geopolitica del territorio tunisino

La Tunisia, situata al crocevia tra il Nord Africa e il Medio Oriente, è un paese ricco di storia, cultura e risorse naturali. La geografia tunisina è di grande importanza per il Paese, influenzando aspetti economici, ambientali e sociali, ed è caratterizzata da una fascia costiera fertile, regioni montuose e vaste estensioni di deserto. Ogni regione contribuisce in modo unico alla disponibilità di risorse. La costa offre terreni agricoli fertili, mentre le montagne sono ricche di minerali. Il deserto, se utilizzato in maniera corretta, può diventare una risorsa per l'energia solare e la biodiversità. Il territorio tunisino, inoltre, dispone di risorse naturali preziose, tra cui petrolio, gas naturale, fosfati e minerali, che svolgono un ruolo chiave nell'economia del paese, contribuendo all'export e alle entrate statali. Tuttavia, la geopolitica del territorio tunisino è stata plasmata da scelte politiche sull'assegnazione delle risorse che spesso riflettono interessi di potere. Le regioni costiere, ad esempio, possono essere soggette all'accaparramento di terre agricole da parte di politici influenti, mentre le zone montuose potrebbero essere oggetto di estrazioni minerarie intensive. Questo crea uno squilibrio nella distribuzione delle risorse e influenza direttamente la qualità di vita delle popolazioni locali.


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PARAGRAFO I: LA GEOPOLITICA DEL TERRITORIO TUNISINO E LE IMPLICAZIONI DELLA SCELTA DI POLITICHE ERRATE NELLA LOTTA ALLA CRISI CLIMATICA

1.1. Introduzione geopolitica del territorio tunisino

1.2.  La storia politica della Tunisia

La storia politica della Tunisia vanta una storia politica ricca e complessa che abbraccia millenni di cambiamenti e trasformazioni. Attualmente la Tunisia è una Repubblica semipresidenziale unitaria ( democrazia rappresentativa o indiretta) con un presidente che funge da capo di stato, un primo ministro come capo del governo, una legislatura unicamerale e un sistema giudiziario influenzato dal diritto civile francese. Possiamo dunque definire la politica tunisina può essere descritta come dinamica, complessa e in continua evoluzione,ma è sempre stata questa l'impostazione politica della Tunisia? 

1.3.Le implicazione delle scelte di politiche ambientali errate

La Tunisia è attualmente immersa in una crisi di proporzioni multidimensionali, dove l'evoluzione politica e le sfide ambientali si intrecciano in un intricato labirinto. Dopo la svolta drammatica del 2021, con il presidente Kais Saïed che ha consolidato il proprio potere tramite l'imposizione dello stato di emergenza, la sospensione del parlamento e il licenziamento del primo ministro, il panorama politico tunisino ha subito un profondo cambiamento. Le conseguenze di questa transizione sono diventate ancora più evidenti con l'adozione di una nuova costituzione, sostituendo il sistema semi-parlamentare con uno presidenziale privo di adeguati controlli ed equilibri. Con l'istituzione di una nuova costituzione[1], tra le altre novità, le donne del paese hanno conseguito successi significativi grazie all'approvazione di diverse normative che rafforzano i loro diritti politici e legali. Ad esempio, la legge 58, adottata nel 2017, si focalizza sulla condanna della violenza contro le donne. Tuttavia, nonostante tali progressi, le donne tunisine, insieme alla comunità LGBTQ+ e ai giovani attivisti, sono ancora esposte a episodi di violenza e repressione perpetrati dalle forze dell'ordine. Parallelamente a questa deriva autoritaria, la Tunisia ha dovuto affrontare una serie di sfide economiche. Dopo la rivolta del 2011, il fermento politico ha portato a un aumento della spesa pubblica a discapito degli investimenti.  Nel periodo tra il 2010 e il 2022, la massa salariale del pubblico impiego è cresciuta dal 10% al 15% del PIL, mentre gli investimenti pubblici e privati sono scesi dal 23% al 12% del PIL. La crisi economica è stata ulteriormente aggravata dalla pandemia di COVID-19 e dalla guerra totale della Russia in Ucraina, che ha causato un aumento dei prezzi delle materie prime. Dal 2022, l'aumento del debito tra le imprese statali e il controllo governativo sulle importazioni agricole e farmaceutiche ha contribuito a carenze ricorrenti di beni di prima necessità. La gestione inadeguata delle risorse naturali, inclusi il monopolio governativo su importazioni chiave e l'accumulo di debito, ha causato problemi di approvvigionamento, come la carenza di carburante, cereali, zucchero, caffè, prodotti lattiero-caseari e medicinali.  La malagestione delle risorse è stata alimentata da dinamiche intricate che coinvolgono decisioni politiche, interessi commerciali internazionali e la necessità di soddisfare le esigenze della popolazione locale. L'interesse delle compagnie estere nelle risorse tunisine, come il suolo fertile e l'acqua, ha portato spesso a una gestione distorta, con priorità date agli interessi commerciali a discapito della sostenibilità ambientale. Decisioni politiche influenzate da pressioni esterne hanno assegnato terreni fertili a imprese straniere, creando un modello di agricoltura non sostenibile che ha contribuito all'esaurimento delle risorse naturali. Gli accordi economici internazionali, spesso negoziati a livello politico, hanno avuto un impatto significativo sulla gestione delle risorse in Tunisia. La concessione di permessi di sfruttazione a compagnie straniere, senza un adeguato monitoraggio e regolamentazione, ha portato a uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali senza benefici equi per la popolazione locale. La malagestione delle risorse ha avuto conseguenze dirette sulla società civile tunisina. Le disuguaglianze nella distribuzione delle ricchezze e la mancanza di benefici tangibili dalle risorse del paese hanno alimentato malcontento e tensioni sociali. I cittadini, spesso esclusi dai benefici economici delle risorse naturali, si trovano a fronteggiare un senso di ingiustizia e frustrazione. Tutte queste ingiustizie, la crisi climatica hanno portato a conflitti e migrazioni.  Sfax, situata a meno di 200 km dall'isola italiana di Lampedusa, è diventata il nuovo punto di transito per i migranti subsahariani diretti illegalmente in Europa. Le autorità libiche, intensificando i pattugliamenti lungo la costa, hanno spostato la rotta prioritaria dei migranti verso la Tunisia. La risposta dell'Unione Europea è stata un investimento di 115 milioni di dollari per rafforzare il controllo delle frontiere e le operazioni di ricerca e salvataggio. Tuttavia, la Tunisia deve ancora decidere come impiegare questi fondi. Secondo l'ONU, nei primi sei mesi di quest'anno, più di 54.000 persone sono state catturate dalla guardia costiera italiana o tunisina. Con oltre 2.000 persone che hanno perso la vita, la rotta attraverso la Tunisia è diventata eccezionalmente pericolosa. I migranti, provenienti da diverse regioni in conflitto come Sudan, Yemen, Libia e Siria, pagano prezzi variabili per imbarcarsi sulle barche dei contrabbandieri. Questi prezzi, oscillanti tra 1.200 e 6.500 dinari tunisini, creano una spirale di debiti per coloro che falliscono nei loro tentativi e si trovano in una povertà sempre crescente. La situazione umanitaria si aggrava ulteriormente, come testimoniato dal direttore sanitario di Sfax, Hatem Al Sharif, che rivela che più di 700 persone non identificate, compresi bambini, sono state sepolte in tombe senza nome fuori dalla città. Racconti di pescatori che pescano corpi durante le loro attività di pescaggione riecheggiano in questo territorio. Parallelamente a questa crisi umanitaria, l'ONG Freedom House segnala crescenti pressioni e intimidazioni sui giornalisti da parte del governo tunisino. La televisione rimane il mezzo dominante, con molte emittenti private che hanno legami politici diretti o indiretti, vietati dalle autorità di regolamentazione delle trasmissioni. Tuttavia, l'ambiente online rimane aperto e vivace, sebbene soggetto all'autocensura su argomenti sensibili. Le pressioni esercitate dalla Commissione europea per il controllo delle frontiere, l'operazione di ricerca e salvataggio e gli sforzi anti-tratta hanno portato a un pacchetto di aiuti di 115 milioni di dollari, parte di un più ampio contributo del Fondo Monetario Internazionale [2]. Tuttavia, il tentativo di rafforzare il controllo delle frontiere ha suscitato critiche, poiché l'aumento delle restrizioni ha spostato le rotte dei migranti verso la Tunisia, portando a una crescente crisi umanitaria. La Tunisia, principale partner commerciale e maggiore investitore dell'Unione Europea, sta affrontando una serie di sfide senza precedenti che richiedono un approccio olistico e cooperativo per affrontare le complesse dinamiche politiche ed economiche che minacciano la stabilità del paese.

2. PARAGRAFO II: I CAMBIAMENTI CLIMATICI E LE MIGRAZIONI IN TUNISIA. 

2.1. Le questioni climatiche in Tunisia: i 5 punti chiave del paese-agricoltura, infrastrutture, turismo, salute e governance

In Tunisia, le questioni climatiche si manifestano in diversi settori chiave, ciascuno dei quali rappresenta una sfida significativa per il paese. L'agricoltura, le infrastrutture, il turismo, la salute e la governance emergono come i cinque punti focali in cui il cambiamento climatico sta avendo un impatto considerevole. Come già detto, l’agricoltura tunisina contribuisce al 12% del PIL e coinvolgendo il 16% della forza lavoro, questo settore non solo definisce la sfera economica, ma si riflette anche nelle dinamiche geopolitiche attraverso stretti legami con l'Unione Europea. La Tunisia si distingue per la produzione e l'esportazione su vasta scala di prodotti chiave, tra cui datteri, agrumi e olio d'oliva. L'aumento delle temperature e le variazioni nei modelli di precipitazione stanno alterando gli schemi agricoli tradizionali, influenzando la crescita delle colture e la disponibilità di risorse idriche. In un paese in gran parte desertico, l'acqua è una risorsa preziosa, e le variazioni climatiche stanno comportando una maggiore necessità di sistemi di irrigazione efficienti e sostenibili. Questi cambiamenti impattano direttamente la produzione alimentare e la stabilità economica delle comunità rurali, che spesso dipendono in modo diretto dall'agricoltura per il loro sostentamento.

« Le nostre coltivazioni non producono più niente a causa della continua siccità nella regione, così ho dovuto rinunciare all’agricoltura. Ora guido un taxi. Mi sono trasferito con la mia famiglia nel centro di Kairoua», racconta Chaker Sibri, un ex agricoltore di Sidi Mahmoud.

Al centro dello sviluppo economico e sociale della Tunisia troviamo le infrastrutture che emergono come fondamentali. Tuttavia, l'impatto della crisi climatica si fa sentire in modo palpabile, definendo  sfide complesse e profonde che si intrecciano con la gestione delle risorse idriche, la vulnerabilità delle zone costiere, e la resilienza delle strutture chiave.  Anche le coste si svelano cedere all'erosione causata dall'innalzamento del livello del mare, imponendo una minaccia costante a centri urbani, porti e resort turistici. Strade e ponti, la cui integrità strutturale è messa in discussione,essenziali per la mobilità e la connettività, diventano teatro di vulnerabilità quando esposti a fenomeni climatici estremi come le alluvioni. La sicurezza energetica, preziosa per la crescita economica, è intrinsecamente legata a un delicato equilibrio che la crisi climatica minaccia. Questa può avere impatti sulla produzione e distribuzione di energia. La Tunisia ha risorse energetiche limitate, con una produzione di petrolio e gas naturale che non è sufficiente a coprire la crescente domanda interna. Questo deficit porta a una dipendenza maggiore dalle importazioni. L'aumento della domanda di energia, trainato dalla crescita economica e demografica, mette sotto pressione le risorse energetiche del paese. Per affrontare la crisi energetica, la Tunisia sta esplorando diverse strategie, compresa l'espansione delle fonti di energia rinnovabile, la promozione dell'efficienza energetica e la ricerca di partenariati internazionali per garantire una fornitura più sicura ed efficiente di energia nel futuro. Da un anno, la Commissione dell’UE si è impegnata nell'affrontare la sfida dell'incremento dei costi energetici. Sin dalla situazione critica derivante dall'invasione russa dell'Ucraina e dalla conseguente strumentalizzazione delle risorse energetiche a fini militari, il panorama del mercato dell'energia ha subito un considerevole deterioramento. Inoltre, sono state implementate misure atte a redistribuire gli extra profitti del settore energetico, garantendo che tali benefici raggiungano cittadini e imprese. Questo sforzo mira a garantire un equo e sostenibile accesso all'energia per tutti, mitigando gli impatti economici derivanti dalle fluttuazioni del mercato energetico. La Tunisia ha un grande potenziale nel settore del turismo, grazie alle sue bellezze naturali, tra cui La Medina di Tunisi e il sito archeologico di Dougga, considerate patrimonio dell’UNESCO e alla sua cultura, ma anche il mercato del turismo sta subendo danni ingenti, vuoi per i motivi sopra elencati, vuoi perché il turismo di massa provoca effetti non indifferenti. Senza contare che il lungo periodo in cui si è affrontata la crisi pandemica da COVID-19 ha influito molto sul turismo. Resta il fatto che comunque il turismo rappresenta il « 6,5% del PIL e sostiene direttamente il 6% della forza lavoro tunisina» e che questi cambiamenti mettono in crisi un altro settore di lavoro, indebolendo  sempre più la popolazione e costringendola a migrare. Ultimi ma non per importanza sono i settori della salute e della governance, fortemente interconnessi tra loro. Dal punto di vista della salute, il sistema sanitario in Tunisia ha compiuto nel corso degli anni dei miglioramenti nei servizi e nell'accesso alle cure mediche. Tuttavia, sfide come l’aumento delle temperature, siccità, eventi climatici estremi e vettori di malattie tramite zanzare e roditori aumentano il numero di emergenze sanitarie. Una governance robusta è necessaria per affrontare le cause profonde della crisi climatica, promuovendo politiche e pratiche che riducano le emissioni di gas serra e promuovano la sostenibilità ambientale. Per far sì che questo avvenga è necessario coinvolgere attivamente la comunità nella definizione di politiche e pratiche che affrontano la crisi climatica. La partecipazione pubblica è essenziale per promuovere la sostenibilità e affrontare specifiche esigenze locali. 



2.2.L’impatto delle grandi industrie sul clima tunisino 

L'impatto delle grandi industrie sul clima tunisino è un tema di crescente preoccupazione, poiché le attività industriali possono contribuire in modo significativo alle emissioni di gas serra e agli impatti ambientali. Le industrie specialmente quelle legate a settori ad alta intensità possono emettere considerevoli quantità di gas serra che sono molto nocivi per l’ambiente. Le industrie spesso richiedono un elevato consumo di risorse naturali, come acqua e materiali grezzi. Il loro utilizzo insostenibile può avere impatti negativi sulla disponibilità di risorse, influenzando il bilancio idrico e la biodiversità. Tra le molteplici aziende,ricordiamo Eni. ReCommon  ha diffuso il rapporto «Sabbie mobili – L'impronta fossile di Eni in Tunisia», frutto di una missione sul campo volta a esplorare la presenza di Eni in Tunisia dal 1961. L'obiettivo è comprendere l'impatto e l'eredità lasciati dall'azienda nel corso dei decenni, mettendo in discussione la reale natura della transizione in corso e gli investimenti attuali della società nel Paese. Le testimonianze raccolte evidenziano povertà, marginalizzazione e delusioni, ma anche resistenza, agitazioni sindacali e proteste contro le multinazionali del settore e la militarizzazione presente in molte delle regioni coinvolte.Nonostante la crisi nel settore petrolifero tunisino, determinata sia dall'esaurimento naturale delle risorse che dalle instabilità politiche, Eni e altre multinazionali hanno annunciato intenzioni di cedere le concessioni, ma finora nessuna ha concretizzato tali dichiarazioni.Non meno impattante è l’industria tessile,che in Tunisia, come in altre parti del mondo colpisce diversi ambienti di vita. La Tunisia, insieme al Marocco e all'Egitto, rappresenta una scelta interessante per le multinazionali dell'industria tessile grazie alla loro prossimità geografica al mercato europeo.La produzione tessile incide sia sulla biodiversità (sfruttamento estremo del territorio) quanto sulla produzione di enormi quantitativi di rifiuti che non hanno un’adeguata gestione. E questi sono solo due dei tanti fattori impattanti sul clima. Per mitigare questi impatti negativi, molte aziende del settore tessile stanno adottando pratiche più sostenibili, come l'adozione di processi di produzione a basso impatto ambientale, l'uso di materiali riciclati e il miglioramento delle pratiche di gestione dei rifiuti e certificazioni ambientali come OEKO-TEX e ECOLABEL . 

2.3. Migrazioni: il rischio sulla sicurezza nazionale e dinamiche politiche circa le migrazioni climatiche              

Le migrazioni in Tunisia e nel mondo sono un fenomeno complesso e multifattoriale. Le politiche nazionali e internazionali, insieme a fattori economici e sociali, giocano un ruolo significativo nella dinamica delle migrazioni. La disoccupazione, in particolare tra i giovani, e le sfide economiche possono spingere le persone a cercare lavoro all'estero. Molti tunisini hanno cercato opportunità di lavoro  in particolare in Europa. I paesi europei più comunemente scelti includono: Francia, Italia e Germania. I cambiamenti climatici influenzano senza dubbio le migrazioni, e la Tunisia, nel corso degli anni, ha sperimentato flussi migratori sia in entrata che in uscita. Per quel che riguarda gli spostamenti interni sono per lo più legati a questioni economiche, sociali e ambientali, le persone si spostano dalle aree rurali alle città in cerca di lavoro e opportunità. Le politiche migratorie in Tunisia riflettono una combinazione di sfide e strategie atte a gestire i flussi migratori in modo sostenibile e a rispondere alle dinamiche socio-economiche e di sicurezza del paese. Un evento che ha «colpito» questo territorio sono i fenomeni di migrazione irregolare, con persone che cercano di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l'Europa in cerca di migliori prospettive di vita. Dopo la Rivoluzione Tunisina del 2011, ci sono stati cambiamenti nei flussi migratori e nelle politiche di controllo delle frontiere. Il ministro tunisino degli Affari Esteri, Nabil Ammar, ha sottolineato l'importanza di un impegno internazionale più profondo per affrontare in modo efficace e responsabile le dinamiche delle migrazioni irregolari. Durante il suo intervento, il Ministro ha rinnovato l'appello della Tunisia per una riforma completa del sistema finanziario globale, proponendo un nuovo approccio che miri a raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile su scala mondiale. Inoltre, Ammar ha evidenziato la necessità di sviluppare nuovi approcci condivisi per affrontare le sfide attuali sulla scena internazionale e comprendere il loro impatto sulla sicurezza e la stabilità nel mondo arabo. La Tunisia ha stabilito rapporti di cooperazione anche con l'UE per affrontare le questioni legate alla migrazione.

 Il 16 luglio, l'Unione Europea ha concluso un accordo con la Tunisia, offrendo sostegno economico in cambio di riforme e controllo delle frontiere. Il memorandum d'intesa generico, menziona una cooperazione economica, un approccio olistico alla migrazione e la risoluzione delle cause profonde dell'immigrazione irregolare. L'UE si impegna a finanziare il potenziamento delle operazioni di ricerca e soccorso in mare, il pattugliamento delle acque territoriali e il controllo delle frontiere. La Tunisia, in cambio, accetta di favorire il rimpatrio dei cittadini tunisini arrivati irregolarmente in Europa, ma rifiuta di essere un paese ospitante per migranti i non tunisini. L'UE propone 17 imbarcazioni e 8 nuove per la guardia costiera tunisina. I fondi sono vincolati alle riforme, con 150 milioni di euro immediati e 900 milioni legati a un accordo con il Fondo Monetario Internazionale. Il presidente Saied menziona cinque pilastri dell'accordo, tra cui opportunità di lavoro per i giovani e una cooperazione più efficace sull'immigrazione. La domanda sorge spontanea, ma i minimi accordi umanitari vengono rispettati? La risposta è no, le organizzazioni per i diritti umani sollevano preoccupazioni sul rispetto di questi, e durante il vertice non si fa menzione degli arresti e delle deportazioni di migranti subsahariani. Emily O’Reilly, la mediatrice europea, ha aperto un'indagine sul rispetto dei diritti umani nell'accordo firmato tra l'Unione Europea e la Tunisia il 16 luglio 2023. La sua attenzione è concentrata sul «pilastro» dell'accordo relativo a mobilità e migrazione, una delle questioni più controverse nell'intesa intermediata dalla premier italiana Giorgia Meloni e sottoscritta dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen insieme al premier olandese in uscita Mark Rutte. O’Reilly ha evidenziato le «preoccupazioni» sorte in relazione all'accordo e ha richiesto alla Commissione europea dettagli sulle misure pianificate per garantire il rispetto dei diritti umani nell'ambito di questo accordo.Le tre domande fondamentali avanzate dalla mediatrice riguardano: 

– Se la Commissione ha condotto un'analisi dell'impatto sui diritti umani prima della firma del protocollo d'intesa; 

– Se è prevista una valutazione periodica dell'impatto sui diritti umani delle azioni intraprese nell'ambito dell'accordo;

– Se l'erogazione dei fondi rispetta i criteri europei.

O’Reilly ha inoltre interrogato se la Commissione abbia già definito o intenda definire criteri per la sospensione dei finanziamenti in caso di violazione dei diritti umani. Complessivamente, il pacchetto Ue-Tunisia prevede un investimento complessivo di oltre un miliardo di euro da parte di Bruxelles a favore del Paese nordafricano, di cui 105 milioni sono destinati esclusivamente alla gestione dei flussi migratori.L'indagine della mediatrice alimenta il dibattito sull'accordo stipulato a metà luglio 2023, che mira a creare un «modello» per i rapporti con il Nordafrica nella gestione delle migrazioni.

 2.4. Strategie di adattamento: le iniziative e le politiche tunisine per affrontare i cambiamenti climatici

Il governo tunisino ha riconosciuto l'urgenza di agire, inserendo il cambiamento climatico esplicitamente nella sua Costituzione. Solo pochi Paesi prima della Tunisia hanno normato l’azione di mitigazione della crisi climatica all’interno della propria Costituzione. Un concetto ribadito all’articolo 45, che sancisce ''il diritto ad un ambiente appropriato ed in equilibrio e a un clima adeguato” e impegna lo Stato “a fornire i mezzi necessari per combattere l’inquinamento ambientale”.  Consapevole di queste sfide, la Tunisia ha adottato accordi internazionali, tra cui la ratifica della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (CCNUCC) nel 1993 e del Protocollo di Kyoto nel 2002. Le autorità tunisine hanno avviato diverse iniziative con il supporto della cooperazione internazionale, comprese organizzazioni come GIZ , UNDP, Banca Mondiale, e altre. Queste iniziative coprono vari settori, tra cui turismo, agricoltura, sanità, litorale, energia, biodiversità, oltre a considerare aspetti trasversali come il potenziamento delle capacità, il posizionamento della Tunisia nelle negoziazioni internazionali e il quadro istituzionale, giuridico e normativo.Nonostante la diversità di tali iniziative, emerge la necessità di una maggiore coerenza e, di conseguenza, l'implementazione di una Strategia Nazionale sul cambiamento climatico (SNCC). Per garantire l'efficacia, la strategia deve essere sviluppata con un approccio intersettoriale, assicurando al contempo la sua integrazione nei piani nazionali di sviluppo economico e sociale. In questo scenario, il Ministero dell'Agricoltura e dell'Ambiente, con il sostegno della GIZ, ha incaricato un gruppo di consulenti nazionali e internazionali (gli studi ALCOR-TEC) di elaborare la SNCC alla fine del 2010. La prima fase di diagnosi è stata condotta da gennaio a settembre 2011 e ha ottenuto l'approvazione durante il comitato di gestione dell'11 ottobre 2011 a Tunisi, con la partecipazione del Segretario di Stato per l'Ambiente, Salem Hamdi, della GIZ e di rappresentanti di numerose istituzioni. Le fasi 2 e 3 hanno preparato i materiali necessari per i decisori politici, fornendo una prospettiva futura e uno strumentario per la politica climatica a venire. 

3.PARAGRAFO III: L’ATTIVISMO IN TUNISIA

Dopo la rivoluzione del 2011, che ha portato alla caduta del regime di Zine El Abidine Ben Ali, la Tunisia ha vissuto un aumento dell’impegno civico e dell’intervento dell’attivismo. Gli attivisti in Tunisia si sono concentrati su una varietà di questioni, tra cui la promozione dei diritti umani, la libertà di espressione, la giustizia sociale, l'uguaglianza di genere e la partecipazione politica. Molti di loro utilizzano piattaforme online e social media per organizzare proteste, condividere informazioni e mobilitare il sostegno pubblico.

3.1. L’attivismo climatico in Tunisia

L'attivismo climatico in Tunisia coinvolge individui e gruppi che si impegnano nella sensibilizzazione, nella difesa dell'ambiente e nell'affrontare le sfide legate ai cambiamenti climatici. Gli attivisti si concentrano sulla consapevolezza e sull'azione per affrontare i cambiamenti climatici, promuovendo politiche sostenibili e riducendo l'impatto ambientale. La Compagnia di fosfati di Gafsa (CPG) [3]è stata, sin dal XIX secolo, l'elemento trainante dell'economia locale. Il movimento ha avuto origine tra i giovani il 5 gennaio 2008 a Redeyef, quando sono stati annunciati i risultati, considerati falsi, del concorso di assunzione della CPG. I giovani appena diplomati della regione, esclusi dall'assunzione, hanno deciso di occupare la sede regionale dell'Unione generale tunisina del lavoro (UGTT). Le vedove dei minatori e le loro famiglie si sono unite rapidamente, erigendo tende di fronte all'edificio. Da quel momento, il movimento ha continuato a diffondersi rapidamente. Di fronte a un tale fronte unito e determinato, il potere ha stabilito due obiettivi chiave: evitare a ogni costo che la rivolta si propaghi ad altre regioni e preservare l'immagine del paese. Nonostante ciò, una squadra della Televisione pirata Al Hiwar Attounisi (Il Dialogo tunisino) è riuscita a documentare la rivolta e diffondere le immagini. Da allora, i giornalisti della rete televisiva tunisina hanno subito vessazioni e violenze ripetute. Questa situazione ha spinto il direttore Tahar Ben Hassine a rifugiarsi sulle rive del Lemano, a Ginevra. Nel mese di marzo del 2008, il presidente tunisino ha reagito, dimettendo il governatore di Gafsa e successivamente il presidente direttore generale della compagnia mineraria. In luglio, si è impegnato a destinare una percentuale dei profitti delle esportazioni di fosfato per la costruzione di un nuovo cementificio e di nuove infrastrutture, progetti finalizzati a stimolare l'occupazione. Il movimento sociale gode di un forte sostegno dalla società civile e dagli avvocati, che si alternano tra Tunisi e Gafsa – un viaggio di dieci ore andata e ritorno – per seguire i processi e difendere i detenuti. Gruppi e individui si mobilitano per affrontare le questioni legate all'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo, cercando soluzioni pratiche e sollecitando il governo a implementare politiche ambientali più rigorose. In Tunisia, cittadini sono stati detenuti per aver reclamato il loro diritto all'acqua, gridando il loro dissenso sui gradini del Teatro Municipale di Tunisi. La temperatura in aumento ha portato a proteste a Bargou, una città afflitta da gravi carenze d'acqua. Le richieste di perforare un nuovo pozzo sono state respinte, ma una società privata ha ottenuto l'autorizzazione per imbottigliare e vendere acqua minerale, scatenando le proteste dei residenti. In risposta, lo Stato ha accusato 28 manifestanti di "intento di ostacolare il traffico" e "partecipazione a un raduno che causa disturbo pubblico", con il rischio di condanne detentive. L'attivismo ambientale in Tunisia affronta sfide legali e persecuzioni, evidenziando la vulnerabilità degli attivisti. Nonostante gli ostacoli, la lotta per la giustizia ambientale continua, con attivisti che denunciano inquinamento e gestione inadeguata dei rifiuti. La polizia, a volte violenta, rappresenta un rischio costante. La mancanza di una legislazione favorevole ai difensori dell'ambiente e la priorità economica su questioni ambientali complicano ulteriormente la situazione. Nonostante ciò, gli attivisti rimangono impegnati nella speranza di promuovere una maggiore consapevolezza e cambiamento positivo.  Lo stesso è accaduto il 25 settembre del 2022 quando un gruppo di attivisti ha organizzato una manifestazione chiedendo al governo di adottare le azioni necessarie per combattere i cambiamenti climatici. Ci sono sforzi per proteggere la biodiversità locale, compresi progetti di riforestazione, monitoraggio delle specie in pericolo e sensibilizzazione sull'importanza della conservazione. Questo avviene anche grazie al sostegno di diverse associazioni come, ad esempio «Association Tunisienne pour la Protection de la Nature et de l`Environnement», un ‘organizzazione Tunisina per la Salvaguardia della Natura che ha contribuito significativamente ai progressi nazionali nella tutela dell'ambiente e nello sviluppo sostenibile. Questi risultati si sono manifestati su scala nazionale, regionale e internazionale grazie alla rete di relazioni e collaborazioni instaurata su entrambi i fronti. L'attivismo ambientale coinvolge anche la partecipazione civica attraverso petizioni, proteste pacifiche e coinvolgimento con le istituzioni per garantire una maggiore considerazione delle questioni ambientali nelle decisioni politiche. Purtroppo abbiamo sempre più notizie di come la risposta di polizie e governi a queste richieste di aiuto sia l’uso della violenza. La lunga serie di proteste, ancora in corso, è stata caratterizzata da una decisa reazione da parte delle autorità tunisine. La loro strategia di repressione è stata astuta: consapevoli della visibilità mediatica delle manifestazioni e degli attivisti, la polizia ha optato per una tattica a posteriori. Durante le proteste, numerosi agenti in abiti civili si sono infiltrati tra i manifestanti per riprenderli con fotocamere e telefoni, allo scopo di identificarli successivamente. Un'altra strategia adottata ha coinvolto droni e forze di sicurezza posizionate strategicamente sui terrazzi che si affacciano su Avenue Bourguiba, il cuore pulsante della capitale, al fine di individuare i partecipanti alle manifestazioni. L'identificazione è stata spesso seguita da intercettazioni telefoniche, chiamate intimidatorie, minacce o arresti improvvisi. 

Le attiviste femministe sono emerse come leader nelle recenti proteste, promuovendo slogan politici che esigono giustizia sociale per tutti i cittadini tunisini. Esse denunciano la corruzione e sottolineano la necessità di riconoscere i martiri della Rivoluzione. Attualmente, organizzazioni come la Tunisian Association of Democratic Women (ATFD), insieme a movimenti femministi più piccoli, si concentrano in particolare sulla lotta per la giustizia economica. Tra le loro richieste, figura la promozione dell'uguaglianza tra uomini e donne in materia di legislazione ereditaria.La polizia impiega costantemente tattiche repressive come arresti arbitrari e atti di terrorismo rivolti a intere comunità e quartieri. Si assiste alla tragica tortura di minori nelle carceri e a interrogatori violenti nei confronti dei giovani manifestanti. Un allarmante numero di circa 1.000 ragazzi è stato detenuto tra metà gennaio e metà febbraio. I processi politici vengono distorti e utilizzati come strumento di terrore contro le famiglie e le comunità coinvolte. Sconcerta il silenzio dei leader politici tunisini su questa violenza, la mancanza di condanne e l'assenza di avvertimenti sul fatto che i responsabili saranno puniti secondo le leggi che vietano la violenza durante le manifestazioni. La polizia continua a perseguire la comunità LGBTQ+, le femministe e giovani attivisti, spesso figure guida nelle loro comunità, soprattutto nelle zone svantaggiate. Questi individui vengono presi di mira per sopprimere potenziali leader del movimento. Questo sviluppo rappresenta una minaccia pericolosa alle libertà conquistate con la Rivoluzione, come il diritto di organizzarsi e di manifestare.Nel settembre 2022, il presidente Saied ha promulgato il decreto legge 54, una normativa rigida sui reati informatici che attribuisce alle autorità un ampio potere di limitare la libertà di espressione online. Tale legge è stata impiegata per avviare indagini nei confronti di almeno nove individui, tra cui giornalisti, avvocati e attivisti politici, accusati di esprimere commenti critici riguardanti il presidente Saied e la prima ministra Najla Bouden.

Tale situazione non farà altro che aumentare le frustrazioni di molti Tunisini. La grave crisi economica che stiamo attraversando non è solo legata alla pandemia, ma è il risultato di anni di discriminazione e cattiva gestione.


4.  PARAGRAFO IV: CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE

In conclusione, l'analisi approfondita della geografia, della storia politica, dei cambiamenti climatici e delle dinamiche dell'attivismo in Tunisia rivela una nazione che, nonostante le sfide, si trova in una posizione cruciale per affrontare il futuro con resilienza e innovazione. La Tunisia, con la sua geografia diversificata, dalle coste del Mediterraneo alle regioni desertiche dell'interno, presenta un quadro unico che richiede strategie adattative per affrontare le sfide climatiche. La storia politica del paese, segnata dall'indipendenza, regimi autoritari e la Rivoluzione del 2011, ha plasmato la Tunisia in una democrazia incerta ma promettente. I cambiamenti climatici rappresentano una minaccia crescente, con impatti su agricoltura, infrastrutture, turismo e salute. Il rischio di migrazioni climatiche aggiunge una dimensione critica, con implicazioni per la sicurezza nazionale e dinamiche politiche. Tuttavia, la Tunisia potrebbe giocare un ruolo chiave nella cooperazione internazionale per affrontare tali sfide, promuovendo la sostenibilità ambientale nella regione. L'attivismo climatico emerge come una forza significativa, nonostante le sfide e i fenomeni persecutori da parte del governo. Questo dimostra la volontà della società civile di lottare per la sostenibilità e la giustizia ambientale. Guardando al futuro, la Tunisia potrebbe svolgere un ruolo centrale nell'implementare strategie di adattamento e promuovere la consapevolezza ambientale. In definitiva, la Tunisia si trova in una fase cruciale della sua storia, con prospettive future che dipendono dalla sua capacità di affrontare le sfide climatiche, consolidare la democrazia e sostenere l'attivismo per un ambiente sano e sostenibile.

                                                                                                                 Sara Raffaeli


5.SITOGRAFIA

https://it.wikipedia.org/wiki/Geografia_della_Tunisia#:~:text=La%20Tunisia%20confina%20ad%20ovest%20con%20l%27%20Algeria,terra%20e%208%20181%20km%C2%B2%20di%20acqua.%20Morfologia

https://it.wikipedia.org/wiki/Tunisia

https://www.nytimes.com/2022/08/21/world/middleeast/tunisia-democracy.html

https://www.crisisgroup.org/middle-east-north-africa/north-africa/tunisia/234-tunisias-challenge-avoiding-default-and-preserving

https://www.bbc.com/news/world-africa-66593210

https://www.worldatlas.com/articles/what-are-the-biggest-industries-in-tunisia.html 

https://www.meltingpot.org/2022/10/la-tunisia-si-sta-prosciugando-la-crisi-idrica-e-alimentare-si-aggrava/

https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/european-green-deal/eu-action-address-energy-crisis_it#cosa-ha-fatto-lue-per-affrontare-la-crisi-energetica

https://www.climatelinks.org/resources/climate-risk-profile-tunisia

https://www.expat.com/it/guida/africa/tunisia/8317-sistema-sanitario-e-cliniche-in-tunisia.html

https://www.google.com/url?q=https://www.recommon.org/recommon-lancia-il-rapporto-sabbie-mobili-impronta-fossile-di-eni-in-tunisia/%23unlock&sa=D&source=docs&ust=1712923971927411&usg=AOvVaw00QCpncSmDaZtWej351672

https://asf.be/publication/responsabilite-des-entreprises-en-matieres-des-droits-humains-etude-exploratoire-sur-le-secteur-du-textile-dans-le-gouvernorat-de-monastir/?lang=fr

https://www.google.com/url?q=http://www.appaltiverdi.eu/le-certificazioni/&sa=D&source=docs&ust=1712923993327120&usg=AOvVaw3XyCr02-rGhd1VwEhxSaP3

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2023/09/07/tunisia-piu-impegno-nella-lotta-allimmigrazione-irregolare_4b74b2a5-df86-4591-8298-f8f993f6c27c.html

https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2023/07/17/accordo-tunisia-unione-europea-migranti

https://www.ilsole24ore.com/art/migranti-mediatore-ue-indaga-rispetto-diritti-umani-nell-accordo-la-tunisia-AFF639r 

https://www.qualenergia.it/articoli/20140128-tunisia-nella-nuova-costituzione-anche-la-lotta-al-cambiamento-climatico/

https://www.giz.de/en/html/index.html

https://www.undp.org/

https://cc-tunisie.com/wp-content/uploads/2022/04/Strategie-Nationale-CC-2012.pdf

http://cpg.com.tn/

6. NOTE

[1] La Costituzione tunisina del 2014 è il risultato di un processo di democratizzazione avviato dopo la rivoluzione del 2011. Questo documento è considerato uno dei più progressisti del Mediterraneo. La Costituzione stabilisce la Tunisia come uno stato civile, islamico e democratico. Essa garantisce diritti fondamentali come la libertà di espressione, di religione e di associazione. Introduce anche l'uguaglianza di genere e sottolinea il principio di separazione tra poteri. La Tunisia delinea il suo percorso verso la democrazia attraverso questo documento costituzionale, sottolineando il suo impegno per i valori democratici e i diritti umani.

[2] Il "Fondo Monetario Internazionale" (FMI) è un'organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la cooperazione monetaria globale, la stabilità dei tassi di cambio, la crescita equilibrata del commercio e la stabilità finanziaria. Il FMI fornisce assistenza finanziaria ai paesi membri che affrontano problemi di bilancia dei pagamenti, facilita la stabilità del sistema monetario internazionale, monitora le tendenze economiche globali e offre consulenze politiche ai suoi membri.Il FMI svolge un ruolo cruciale nel campo della finanza internazionale e della stabilità economica, fornendo un forum per la cooperazione su questioni monetarie internazionali e offrendo risorse finanziarie ai paesi in difficoltà.

[3] La CPG è una società tunisina di estrazione di fosfati con sede a Gafsa. La CPG è uno dei maggiori produttori di fosfati, al quinto posto nel mondo. L'attività dell'azienda è definita in 4 grandi gruppi: Preparazione del terreno, estrazione, produzione e commercializzazione dei fosfati.