Roy continua oggi il suo racconto sul Perù, soffermandosi questa volta nello specifico sull’evento che ha sconvolto tanto la sua terra quanto il resto del mondo: la pandemia da Covid 19
Per la nazione peruviana, l’impatto che ha avuto il Covid-19 è stato particolarmente duro; il paese non era preparato ad affrontare un’emergenza di tali proporzioni. Il 2020 è stato definito “El Año de la Universalización de la Salud”: un loro modo di porsi l’obiettivo di raggiungere la copertura sanitaria per tutti i residenti nel paese entro la fine del governo corrente.
Dal primo caso di Covid in Perù (un giovane europeo contagiato), il numero di casi ha cominciato ad aumentare e ha portato il governo a istituire uno stato di emergenza nazionale pochi giorni dopo. Durante i primi due mesi della pandemia, il numero di morti era inferiore ai 100 al giorno, ma a maggio i numeri hanno cominciato ad aumentare drasticamente e la media dei decessi ha raggiunto i 227 ogni 24 ore. Secondo le cifre aggiornate del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, giugno è stato il mese più letale: ha registrato in media più di 272 morti al giorno.
La prima ondata ha cominciato a mostrare un calo significativo solo da settembre.
Il secondo picco di casi positivi e di mortalità ha spinto le autorità ad attuare nuove misure in risposta alla seconda ondata del virus. Più di 10 regioni a rischio estremo sono state messe in quarantena per prevenire un’ulteriore diffusione.
Il Perù è diviso in 24 dipartimenti; la regione andina meridionale di Puno è stata una tra le regioni a reagire meglio al contagio, dimostrando così la sua grande efficienza e responsabilità verso la salute. Le autorità hanno bloccato severamente gli spostamenti con le altre regioni del Perù che avevano registrato casi di contagio. Nonostante la prontezza, il 7 aprile 2020 è stato registrato il primo caso di Covid-19 nella regione: un turista di 31 anni che era arrivato nella città di Puno prima della dichiarazione di emergenza emessa dal governo centrale.
Juliaca è conosciuta come la “Capitale dell’integrazione andina”, è il centro del commercio del sud del Perù e quindi le sue strade sono utilizzate come stazioni commerciali che riforniscono tutta la regione.
Con l’arrivo del virus a Juliaca, la situazione ha cominciato a cambiare dal punto di vista economico, dato che ogni giorno si limitava sempre di più l’accesso alle vie di commercio, trasformando questa città in una città fantasma priva delle sue preziose attività.
Man mano che il contagio progrediva, l’atmosfera diventava più preoccupante. Il 2020 è stato un ostacolo difficile da superare, poiché le tradizioni locali sono state rinviate e proibite, cosa a cui inizialmente la popolazione non si è adattata facilmente. Il livello di contagio era così alto che gli ospedali sono collassati e la disponibilità d’ossigeno scarseggiava.
Con l’arrivo del vaccino, le attività hanno cominciato a normalizzarsi, non solo per la sicurezza che offre, ma per la tranquillità di una popolazione impaziente di tornare alle attività quotidiane a cui era abituata. Quest’anno, fortunatamente, saranno permesse alcune attività per il Natale.
Molte entità e organizzazioni di Juliaca stanno lavorando e raccogliendo fondi per raggiungere i luoghi più bisognosi della città per portare un po’ di gioia ai bambini che ne hanno più bisogno
A poco a poco Juliaca sta tornando alla normalità, riprendendo le sue attività commerciali e turistiche.