Non a casa nostra

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Di fronte ai tragici naufragi nel Mediterraneo, che si stanno verificando con sempre maggior frequenza, la politica migratoria dell’Unione Europea si concentra al momento solo su un obiettivo: fermare con qualsiasi mezzo i migranti. Obiettivo, come la storia recente ci insegna, irraggiungibile.

Eppure un sistema per evitare le morti in mare ci sarebbe: basterebbe ripristinare, come già detto in un precedente articolo, una missione navale europea per soccorrere i naufraghi e portarli in salvo, permettendo, a chi ne ha diritto, di chiedere l’asilo.

Si preferisce invece investire una quantità enorme di denaro per fornire mezzi e addestramento alle guardie costiere, prima della Libia e ora della Tunisia, con lo scopo di fermare chi cerca di fuggire in Europa e bloccarlo in paesi in cui non sono rispettati i più elementari diritti umani.

Addirittura, il Consiglio Europeo ha accettato la proposta del nostro ministro dell’Interno secondo cui, nel caso non sia possibile il rimpatrio dei migranti che non hanno diritto all’asilo, li si possa rimandare nell’ultimo paese di transito sicuro non europeo. E quale sarebbe? La Libia? O la Tunisia del Presidente Kais Saied, che recentemente ha accusato i migranti subsahariani di minacciare l’integrità etnica dei tunisini?

Ma l’imperativo è uno solo: dovunque, ma non a casa nostra.

Questo lo scopo della missione a Tunisi di una ventina di giorni fa di Von der Leyen, Meloni e del Premier olandese Mark Rutte, che hanno promesso al governo tunisino, nell’immediato, 150 milioni di euro e in seguito altri 900 di prestito (se la Tunisia raggiunge l’accordo con il Fondo Monetario Internazionale che prevede aiuti in cambio di radicali riforme economiche).

Il tutto perché fermi i migranti e se li tenga a casa sua.

La cosa paradossale è che Saied in questa occasione si è eretto a difensore dei diritti umani, dichiarando «disumane e inaccettabili» le proposte dell’UE, ovvero lo scambio soldi/migranti!

L’incontro si è concluso sostanzialmente con un nulla di fatto (molto probabilmente perché il governo tunisino, come anni fa quello turco, cerca  di giocare al rialzo).

In questo contesto, paradossale è anche la soddisfazione dimostrata dalla nostra presidente del Consiglio al termine dell’incontro: ma si sa, bisogna pur rassicurare l’opinione pubblica di fronte allintensificarsi degli sbarchi nel nostro territorio, dopo che in campagna elettorale si era promesso di bloccarli.

Ma ciò che sconcerta di più è il fatto che questa intensa attività diplomatica viene presentata come l’unico mezzo per contrastare, come detto da Von der Leyen «la cinica attività dei trafficanti di migranti». E che dire  della dichiarazione di Rutte, secondo cui «il rafforzamento del partenariato con la Tunisia deve essere fatto in pieno accordo con i diritti umani»?

Ha visto Rutte le foto (pubblicate da Repubblica) dei morti in mare lasciati a marcire nei corridoi dell’obitorio di Sfax in Tunisia? Episodio, a quanto pare, non eccezionale, volendo prestar fede a quanto dichiarato da un giudice della città.

Fonti: Il Manifesto e Il Fatto Quotidiano del 15 giugno.