Il Memorandum Italia-Libia deve essere revocato

Il 2 febbraio 2022, a cinque anni dalla stipula del “Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana”, un centinaio di organizzazioni italiane, libiche, africane ed europee ha presentato un documento di denuncia degli effetti di tale accordo, lanciando un appello al governo e alle organizzazioni internazionali per chiederne la revoca immediata al fine di tutelare le persone migranti in Libia.

Gli ingenti finanziamenti forniti dall’Italia alle autorità libiche, determinando un forte calo delle partenze, hanno favorito il consolidarsi in Libia di modelli di feroce sfruttamento, riduzione in schiavitù e violenze, considerati come crimini contro l’umanità dalle stesse Nazioni Unite. E intanto le misure previste per consentire l’uscita legale delle persone migranti dal paese attraverso evacuazioni e corridoi umanitari si sono rivelate del tutto insufficienti. Le tante organizzazioni che hanno firmato l’appello, sottoscritto da qualche giorno anche da El Comedor Giordano Liva, richiedono:

  • Al Governo Italiano di revocare immediatamente il Memorandum, dal momento che sta risultando impossibile apportare miglioramenti significativi alle condizioni di vita dei migranti in Libia e garantire loro un adeguato accesso alla protezione;
  • All’UNHCR (l’Agenzia dell’ONU per i rifugiati) e all’OIM (l’Organizzazione internazionale per le migrazioni) di aderire alla richiesta di revoca del Memorandum, così da evitare qualsiasi rischio di connessione tra le gravi violazioni dei diritti umani che derivano dal Memorandum e le proprie iniziative.

Il Comitato denuncia «l’assenza di sicurezza, l’esposizione delle persone migranti ad arresti e detenzioni arbitrarie, le violenze sessuali, le torture, il tutto inserito in un vero e proprio modello di business», costituito dai seguenti momenti: 

  1. Le intercettazioni in mare da parte della Guardia costiera libica, spesso caratterizzate da manovre e modalità molto rischiose;
  2. La riconduzione in Libia delle persone migranti e la detenzione nei centri gestiti dal Ministero dell’Interno o la vendita a gruppi criminali;
  3. La sottoposizione a torture e maltrattamenti finalizzata all’estorsione di denaro o alla costrizione al lavoro forzato e alla prostituzione coatta, nonché la tortura ed il rapimento ai fini del riscatto.

Il documento sottolinea che il Memorandum Italia-Libia non sta ponendo un argine alle violazioni dei diritti delle persone migranti che sono perpetrate nel Paese, ma anzi indirettamente crea le condizioni per la loro continuazione. 

Il Memorandum prevede inoltre «l’adeguamento e il finanziamento dei centri di accoglienza» e «il sostegno alle organizzazioni internazionali che operano in Libia per perseguire gli sforzi mirati [all’evacuazione e] al rientro dei migranti nei paesi di origine, compreso il rientro volontario».

Dal 2017 ad oggi le organizzazioni internazionali hanno ricevuto grossi finanziamenti a questo scopo, ma l’obiettivo di garantire condizioni dignitose e sicurezza alle persone migranti, così come quello di attivare corridoi umanitari verso l’Europa non è stato raggiunto, come affermato dalla stessa UNHCR in recenti interviste.

Inoltre, con questi finanziamenti si mettono a rischio l’autonomia e l’indipendenza delle organizzazioni internazionali, attribuendo loro un ruolo subalterno alle politiche europee di contrasto all’immigrazione.

Infine, solo un numero molto, ma molto esiguo di persone ha accesso ai programmi dei corridoi umanitari, sia per la scarsa collaborazione delle autorità europee che per le modalità di selezione di quanti possono essere evacuati. Spesso sono le guardie carcerarie che selezionano, anche in base alla nazionalità, i candidati che possono incontrare i rappresentanti di UNHCR.

L’adesione a programmi di rimpatrio cosiddetto volontario rappresenta quindi l’unico strumento a disposizione della maggior parte delle persone migranti per sottrarsi alla violenza che si trovano a subire in Libia, rischiando però, quasi certamente, di essere sottoposte di nuovo, nel Paese di origine, alle persecuzioni da cui sono fuggite. 

Il documento si conclude con questa richiesta:

Chiediamo quindi al governo italiano di revocare immediatamente il Memorandum, come unica scelta praticabile a fronte dell’impossibilità strutturale di apportare miglioramenti significativi alle condizioni di vita di migranti e rifugiati in Libia e di garantire loro un adeguato accesso alla protezione […] e alle organizzazioni internazionali, in ottemperanza al loro mandato di tutela dei cittadini stranieri presenti in Libia, di aderire alla richiesta di revoca del Memorandum, sì da evitare qualsiasi rischio di connessione tra le gravi violazioni dei diritti umani che derivano dal Memorandum e le proprie iniziative.


Noi ci limitiamo ad aggiungere che questa revoca è assolutamente indispensabile, se vogliamo evitare che «[i] nostri nipoti dicano di noi quello che noi diciamo dei nazisti», come affermato da Padre Zanotelli in occasione dell’ennesimo naufragio nel Mediterraneo, avvenuto il 18 Gennaio.

Fonti: Sito dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione.