Il salvataggio è un obbligo… e anche non consegnare i profughi ai lager libici

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Alcuni giorni fa la Procura della Repubblica di Agrigento ha chiesto il completo proscioglimento da ogni accusa del Comandante della nave Mare Jonio e del Capomissione di Mediterranea, indagati per «favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina» e per due violazioni del Codice della Navigazione.

Il 9 maggio del 2019 la nave Mare Jonio aveva individuato e soccorso in acque internazionali di competenza della Libia un gommone con trenta persone, tra cui due donne incinte, una bambina di 2 anni e diversi minori non accompagnati, che stava rischiando di affondare perché aveva imbarcato acqua. Inoltre la Mare Jonio aveva disobbedito all’ordine del Ministero degli Interni di consegnare i naufraghi alla Guardia costiera di Tripoli, facendo rotta verso nord e sbarcando la mattina successiva a Lampedusa. La Mare Jonio era stata immediatamente sequestrata ed era stata aperta un’indagine a carico del Comandante e del Capomissione.

Oggi la Procura della Repubblica riconosce che le loro scelte erano assolutamente legittime in quanto finalizzate ad «adempiere al dovere di salvataggio di persone in pericolo di vita in mare» e al loro successivo sbarco in un porto sicuro. La Procura di Agrigento riconosce inoltre che, dati i comportamenti criminali della Guardia costiera libica, è stato corretto non sottoporsi al coordinamento delle autorità di Tripoli, dirigersi verso un porto sicuro di sbarco e non rispettare la diffida della Direzione Marittima di Palermo «ad effettuare in modo stabile e organizzato operazioni di salvataggio in mare» senza aver ottenuto «le necessarie autorizzazioni e certificazioni».

Il mancato rispetto della diffida aveva portato, dopo lo sbarco, al fermo amministrativo della Mare Jonio e in seguito di numerose altre imbarcazioni di diverse ONG impegnate nel soccorso in mare.

Quella della Procura di Agrigento è una decisione di grande rilievo, dal momento che riconosce la piena legittimità dell’operato delle ONG impegnate nel Mediterraneo centrale in quanto  «certamente non può essere criminalizzato in sé lo svolgimento dell’attività di salvataggio di vite umane in mare, che anzi costituisce un obbligo giuridico per ciascun uomo di mare».

Il tema dell’obbligo del soccorso è stato richiamato anche da Papa Francesco in occasione dell’Angelus del 24 Ottobre quando si è rivolto alla comunità internazionale chiedendo di «mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo».

E, riferendosi alla Libia, ha dichiarato: «Ci sono dei veri lager lì […]. Occorre porre fine al ritorno dei migranti in paesi non sicuri, dare priorità al soccorso di vite umane in mare e garantire percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo».

Come già fece alcuni anni fa, in occasione  dell’accreditamento di sette nuovi ambasciatori presso la Santa Sede, Papa Francesco invita i potenti della terra a non «far finta di niente davanti a tragiche situazioni di ingiustizia che domandano un’immediata risposta umanitaria».

Fonti: siti di Mediterranea e Nigrizia