Come coniugare il rispetto dei diritti dei lavoratori con il rispetto dell’ambiente
Proseguiamo oggi il discorso sulle condizioni lavorative dei migranti nelle campagne italiane con un focus su Rosarno, la cittadina calabra in cui dieci anni fa, grazie ad una rivolta dei braccianti, furono rese pubbliche le reali condizioni di lavoro nelle campagne meridionali.
Rosarno è il centro della Rete NoCap (No al caporalato) il cui portavoce, Yvan Sagnet, è stato recentemente nominato Cavaliere della Repubblica dal Capo dello Stato.
Anche se le arance, il principale prodotto agricolo della zona, vengono ancora pagate a prezzi scandalosi (6 centesimi al chilo), anche se i braccianti immigrati vivono ancora in fatiscenti baraccopoli, qualcosa, rispetto a 10 anni fa, è sicuramente cambiato.
Grazie alla legge sul caporalato, nata anche grazie all’azione di Sagnet e dei suoi compagni di azione, oggi è possibile denunciare i soprusi subiti (e in tanti lo fanno) e la magistratura può perseguire penalmente chi sfrutta i braccianti.
Ma certamente c’è ancora tanto da fare.
La scelta della Rete NoCap è quella di andare oltre la richiesta della repressione di chi si rende colpevole di gravi forme di sfruttamento per passare alla denuncia e alla messa in discussione del modello economico neoliberista che genera tale sfruttamento del lavoro.
Alla base di tutto, secondo la Rete, vi sono le multinazionali della grande distribuzione che impongono regole e prezzi insostenibili che non consentono ai contadini di vivere del proprio mestiere. E questi, a loro volta, si rifanno sull’anello più debole della catena, ovvero sui braccianti.
Tutta la filiera della produzione e della distribuzione va resa tracciabile, di modo che sia chiaro ai consumatori come si determina il prezzo dei prodotti che arrivano sui banchi del supermercato.
Quando vediamo una bottiglia di pomodoro venduta a 35 centesimi vuol dire che qualcun altro ha pagato la differenza in termini di sofferenza e perdita della dignità.
I prezzi dei prodotti alimentari sono infatti assurdamente bassi, non corrispondono al loro reale valore, e sono possibili solo grazie “al sangue e alle lacrime” dei braccianti. Inoltre, la maggior parte del prezzo va a remunerare l’intermediazione della grande distribuzione.
La Rete NoCap affida un ruolo fondamentale al consumo critico, ovvero alla scelta consapevole dei consumatori di non contribuire con la loro spesa allo sfruttamento dei lavoratori.
Il problema è che il cosiddetto “mercato etico”, ovvero la distribuzione di prodotti che non sono stati ottenuti attraverso condizioni lavorative degradanti, è al momento ancora prevalentemente di nicchia.
Attualmente il 75% della distribuzione in Italia e nel mondo è controllato da una minoranza di multinazionali della Grande Distribuzione Organizzata per cui, per ridare dignità ai lavoratori, occorre far arrivare i prodotti etici sui banchi dei grandi supermercati, che devono riconoscere il prezzo giusto ai produttori. E questo è un problema che riguarda tutti i produttori di generi alimentari, basti pensare ai pastori sardi e alla loro rivolta per la questione del basso prezzo del latte.
NoCap ha pertanto dato vita ad una rete di partner che è riuscita ad immettere nella GDO dei prodotti etici certificati dalla rete stessa. Uno dei primi ad aderire è stato il gruppo Megamark di Trani, che da qualche anno ha iniziato a commercializzare una linea di prodotti etici coltivati e raccolti nel rispetto dei diritti dei lavoratori.
Il marchio di questi prodotti è IAMME, un’espressione napoletana che vuol dire qualcosa come “Forza, ragazzi”, “Muoviamoci”, “Facciamo qualcosa”. Ma significa anche “I am me”, ovvero “Io sono io”, una locuzione semplicissima che punta sulla valorizzazione della persona ma che purtroppo non tutti sono nella condizione di pronunciare liberamente.
Un’altra esperienza significativa è quella di SOS ROSARNO, un’associazione che riunisce piccoli contadini, pastori e produttori agro-caseari, braccianti immigrati, disoccupati e attivisti, allo scopo, come si legge nello statuto, di:
«Promuovere e praticare la cultura della solidarietà, del rispetto reciproco e della non violenza, perseguire l’uguaglianza e la giustizia sociale. Adoperandosi per il superamento […] di ogni forma di disparità, discriminazione, intolleranza, xenofobia, razzismo.
«Promuovere e praticare il consumo responsabile, lo sviluppo sostenibile e l’economia solidale, la cooperazione paritaria tra i produttori e tra questi e i consumatori, in un’ottica di rete, attraverso la valorizzazione delle piccole produzioni di qualità rispettose della tradizione, della salute dei consumatori, delle risorse ambientali e dei diritti dei lavoratori».
SOS Rosarno riunisce, oltre ad operatori agricoli individuali, anche piccole imprese e cooperative che si impegnano a rispettare sempre i suoi principi fondanti. La principale attività è costituita dalla produzione di agrumi e olio secondo i criteri della agricoltura biologica e con la garanzia di regolare assunzione dei lavoratori. La vendita dei prodotti avviene soprattutto presso i Gruppi d’Acquisto Solidali e le Botteghe EquoSolidali.
Evitando le varie intermediazioni che caratterizzano la filiera alimentare, SOS Rosarno riesce a vendere i prodotti dei suoi soci a prezzi comparabili e a volte addirittura inferiori a quelli imposti dalla Grande Distribuzione Organizzata, conciliando così gli interessi dei consumatori con una giusta retribuzione dei lavoratori e un’equa remunerazione dei produttori.
Un altro mondo forse è possibile… Molto dipende dalle nostre scelte. Possiamo al supermercato scegliere i prodotti della filiera etica o meglio ancora possiamo decidere di aderire ad un Gruppo di Acquisto Solidale che consente di “saltare” totalmente l’intermediazione della GDO.
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