Emergenza sanitaria in Bosnia: diamoci tutti da fare!

Pubblichiamo qui di seguito il testo che la Rete DASI (Rete per i Diritti, l’Accoglienza e la solidarietà Internazionale) del Friuli Venezia Giulia ha predisposto per denunciare la situazione del campo bosniaco di Lipa, a Biach, a circa 300 km da Trieste.

Se le condizioni di vita a Lipa erano pessime sin da quando quest’estate il campo era stato allestito, in seguito all’incendio scoppiato il 23 dicembre  la situazione è precipitata: i migranti che vi erano ospitati sono ora senza ricovero, senza un vestiario adeguato per l’inverno, con poche risorse per proseguire il loro cammino di liberazione. Quasi mille persone dormono nei boschi, al gelo, senza acqua né cibo.

C’è quest’anno, in un luogo vicinissimo al Friuli Venezia Giulia, un presepe tragico e violento di cui nessuno vuole parlare: [si tratta del] campo di Lipa, posto su un altopiano isolato e disabitato a 30 km da Bihac. Allestito a fine estate come struttura provvisoria per 1500 persone (ed era arrivato ad averne oltre 2000) il campo non ha allacci alla rete fognaria, né corrente elettrica né riscaldamento. Dopo settimane di inutili insistenze e pressioni sulle autorità bosniache ed europee affinché le persone venissero evacuate da una situazione priva delle condizioni minime per la sopravvivenza, due giorni prima di Natale, [in seguito all’incendio] l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha deciso di chiudere e di andarsene abbandonando nel nulla quasi 2000 persone.

Così senza nemmeno una capanna e asini e buoi per riscaldarsi, a poche centinaia di chilometri dal nostro confine, ora dopo ora si fa concreto il rischio di morte per stenti e assideramento di un numero imprecisabile ma enorme di giovani afghani, iracheni, pachistani, siriani, ma anche africani, bloccato, da anni, sulla rotta balcanica.

Per anni l’Unione Europea anziché organizzare programmi di reinserimento dei rifugiati ha finanziato (come già fa in Libia, in Turchia e in Grecia) le diverse istituzioni bosniache per bloccare i migranti e confinarli in condizioni disumane dentro luoghi inabitabili, mentre ha elargito ingenti somme alla Croazia affinché respinga con ogni mezzo, anche tramite violenze efferate, chi cerca di fuggire e giungere in Europa [….]. Ora persino questa forma di confinamento dei migranti viene meno lasciando il posto semplicemente alla morte per abbandono.

Mentre in Italia […] “soffriamo per la ristrettezza” di pranzi e cenoni, ai pochi migranti che, in condizioni sempre più disperate, riescono ad arrivare al confine italiano, viene impedito di chiedere asilo, in aperta violazione delle leggi della nostra Repubblica e di quelle dell’Unione Europea. […] Attraverso un abile meccanismo a catena tra Italia, Slovenia e Croazia, le persone vengono rigettate in Bosnia dove si ritrovano di nuovo in condizioni inumani e degradanti.

Di questo dramma che si consuma a 300 km da Trieste quasi nessuno parla, né autorità civili né religiose, né intellettuali né politici: a lanciare l’allarme ci ha provato il quotidiano cattolico Avvenire, che per ben tre domeniche nel mese di dicembre ne ha trattato anche in prima pagina; tuttavia pare che nulla sia sufficiente per smuovere la pesante cappa di silenzio che ci avvolge.

Riprendendo le parole del giornalista Nello Scavo su Avvenire del 5/12, la Rete DASI chiede verità riguardo la «via della vergogna, sulla rotta balcanica, dove le violenze delle polizie lasciano segni permanenti, e anche l’Italia respinge chi avrebbe diritto alla protezione».

Nei prossimi giorni la Rete DASI organizzerà iniziative (raccolta fondi e materiali) per portare aiuto ai migranti abbandonati a se stessi in Bosnia chiedendo ai cittadini del Friuli Venezia Giulia di dimostrare che essi non vogliono essere complici delle attuali politiche di morte.

Per saperne di più: https://www.facebook.com/retedasifvg/