Il Covid non colpisce tutti nello stesso modo


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Non è affatto vero che il virus sia uguale per tutti; in realtà la malattia colpisce molto più duramente chi non ha i mezzi per difendersi. 

Tutte quelle precauzioni che da molti italiani sono vissute come restrizioni della propria libertà personale e inutili imposizioni  di una “dittatura sanitaria” insediatasi nel nostro paese (la mascherina, il distanziamento, l’igiene), per chi vive nei centri accoglienza per migranti, nelle strutture per senza fissa dimora o nelle case occupate, sono un lusso che non possono permettersi. 

E  per loro il contagio corre molto più velocemente.

Parliamo di contesti in cui l’applicazione delle misure anti-contagio è estremamente complessa e che generano nel resto del paese paura e diffidenza, come se la povertà fosse una colpa.

Interessante a questo proposito è uno studio effettuato da Medici Senza Fontiere nei sobborghi di Parigi, ma che senz’altro disegna anche la situazione di tante realtà italiane. 

L’inchiesta, realizzata tra il 23 giugno e il 2 luglio nei centri di accoglienza, ma anche nei punti di distribuzione alimentare, ha riguardato in gran parte persone straniere ( il 90% su  un campione di 818 persone): il tasso di positività è risultato del 55%.

I risultati mostrano un tasso di positività enorme, dovuto soprattutto alla promiscuità e alle condizioni di alloggio che hanno generato dei cluster” ha dichiara all’agenzia France Presse Corinne Torre, capomissione di Msf per la Francia.

Nei 10 centri di accoglienza presi in esame, il tasso di positività ha raggiunto il 50,5% e l′88,7% nei due ostelli per lavoratori migranti. “Queste cifre, queste proporzioni, le troviamo solo in India, nei bassifondi del Brasile… ma neanche, piuttosto siamo al 40-50%”, ha affermato l’epidemiologo Thomas Roederer.

 In Francia il tasso di positività della popolazione generale è invece  intorno al 10%.

Come spiegare un tale divario? Il luogo della contaminazione, con alta probabilità, è stato proprio il luogo dell’accoglienza e del confinamento, a causa della promiscuità e della densità di popolazione. 

Secondo Francesca Zuccaro, coordinatrice dell’intervento Covid di Medici Senza Frontiere a Roma, “Quello che emerge dai numeri dei colleghi francesi è la necessità di farsi carico delle persone che vivono ai margini e dei più vulnerabili. I numeri di Parigi dovrebbero far riflettere anche Roma: è una lezione che non dovremmo dimenticare”.

Ancora più complesso è il caso dei senza fissa dimora e degli insediamenti informali dove sarebbe indispensabile trovare delle soluzioni al problema di dove svolgere l’isolamento o la quarantena fiduciaria.

 In una città come Roma gli insediamenti informali esistono da sempre, e il modo in cui vengono gestiti non è dignitoso. Ad esempio un mese fa è stato sgomberato un insediamento informale in viale del Pretoriano: le condizioni di vita erano intollerabili ma non si può sgomberare con la forza senza fornire soluzioni abitative alternative. In questo modo non si fa altro che costringere le persone a spostarsi in luoghi sempre più periferici, dove diventano ancora meno visibili e raggiungibili da chi dovrebbe garantire la protezione sanitaria.

Ad intervenire a Milano a sostegno delle categorie più vulnerabili è stata ed è soprattutto Emergency,  che si è assunta il compito di far attuare i protocolli sanitari nei centri di accoglienza e nelle strutture per i senza fissa dimora, riuscendo ad evitare situazioni catastrofiche nella scorsa primavera.

Ma ora è indispensabile che l’Amministrazione comunale, che si è in precedenza dimostrata sensibile al tema, allestisca luoghi dove effettuare l’isolamento di queste persone.

E’ necessario che la protezione dal virus sia garantita a tutti nello stesso modo, indipendentemente dalla categoria sociale di appartenenza. Ce lo chiede la nostra Costituzione che riconosce quello alla salute come diritto universale.

Fonte: Huff Post del 20 Ottobre