Da criminali a persone

Dalla sera del 5 Ottobre i Decreti “Sicurezza” voluti da Matteo Salvini non esistono più. Questi decreti, che hanno in realtà raggiunto solo lo scopo di aumentare il numero dei clandestini e quindi la percezione dell’insicurezza da parte degli italiani, sono stati radicalmente modificati dall’attuale governo. Da questo momento migranti e ONG smettono di essere considerati dei criminali.

Le modiche principali, che hanno di fatto stravolto l’impianto dei decreti, sono le seguenti:

  • Le navi umanitarie che soccorrono profughi in mare non potranno più essere confiscate o punite con le multe pesantissime precedentemente previste e non potrà essere loro applicato il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane. Le navi delle ONG dovranno però rispettare regole precise quali il comunicare alle autorità italiane e a quelle del proprio paese il loro intervento di soccorso in mare, che deve essere condotto rispettando il diritto internazionale, pena una sanzione penale da 10.000 a 50.000 euro.
  • Viene vietata l’espulsione e il respingimento di tutti coloro che, se rimandati nei propri paesi, rischiano violenze, torture o trattamenti degradanti. Ovvero, per tutti coloro che non hanno i requisiti per ottenere lo status di rifugiato, è prevista comunque la cosiddetta protezione speciale che sostituisce la protezione umanitaria cancellata dai precedenti decreti sicurezza.
  • Viene modificato il sistema di accoglienza dei migranti a favore di piccoli centri diffusi sul territorio che certamente ne favoriscono l’integrazione nella nuova comunità rispetto alle mega strutture volute da Salvini. In questi centri va garantita la formazione professionale a coloro che sono già titolari di protezione internazionale, mentre ai richiedenti asilo vanno forniti la formazione linguistica e l’orientamento al lavoro.
  • Viene reintrodotta l’iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo e la possibilità di convertire il permesso di soggiorno in permesso di lavoro.
  • I termini obbligatori per ottenere la cittadinanza italiana passano da 48 a 36 mesi.

Questi gli aspetti salienti della modifica, che certamente rappresentano una svolta sostanziale nel modo di gestire il problema delle migrazioni nel nostro paese. Secondo il sociologo Luigi Manconi, esperto in politiche migratorie “Si può dire che, con il decreto appena approvato, i migranti e i profughi tornino a essere quelle persone in carne e ossa che sempre sono state: l’esito ultimo di un mondo attraversato da iniquità e sperequazioni. I provvedimenti del precedente governo avevano collocato in una dimensione criminale le vittime di questa tragedia economica, ambientale e politica, riducendole a problema di ordine pubblico, a minaccia sociale e, infine, a fattispecie penale. Dunque, il nuovo decreto costituisce un significativo atto di rinnovamento, che interviene su nodi cruciali dell’intero sistema”.

Non mancano però dei punti critici che è bene evidenziare. Per quanto riguarda il soccorso in mare da parte delle navi delle organizzazione umanitarie, pur essendo ineccepibile il richiamo al rispetto delle regole, non ci sembra in ogni caso giusto prevedere una multa fino a 50.000 euro, nel caso non le si rispetti alla lettera, comminata a chi, comunque, sta salvando vite in mare.

Inoltre, tra le regole da rispettare c’è anche l’obbligo di seguire “le indicazioni del competente centro di coordinamento dei soccorsi in mare”. Che, quando le barche da soccorrere si trovano nella zona Sar libica, è quello di Tripoli. Ma allora, se il Centro di coordinamento libico ordina di riportare indietro i migranti le Ong debbono attenersi a questi ordini per non essere multate? E questo anche se l’ONU riconosce la Libia come un porto non sicuro?

Qui viene al pettine il nodo non sciolto dei rapporti tra l’Italia e la Libia, rapporti le cui modalità andrebbero, a nostro avviso, radicalmente modificate, come spesso abbiamo evidenziato.

Anche la riduzione dell’iter burocratico per la concessione della cittadinanza ha deluso molte aspettative. Ci si aspettava un taglio consistente dei tempi e invece il governo si è limitato a ridurli da 4 a 3 anni.

Altro aspetto negativo è che non è stata modificata la norma secondo cui se un richiedente asilo con un regolare contratto di lavoro si vede negata la protezione perde il permesso temporaneo di soggiorno e anche il lavoro.
“Di fatto diventa un irregolare consegnato al lavoro nero perché naturalmente mai nessuno lo espellerà – dice Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci – La più parte dei richiedenti asilo attende per anni l’esito della sua domanda e nel frattempo lavora”. L’eliminazione di tale norma “era un tassello importante verso l’integrazione, un’occasione
perduta dal governo in un decreto sostanzialmente buono”.

Fonti: Repubblica del 7 Ottobre