La riforma del Patto di Dublino

Il 23 settembre la Commissione europea ha raggiunto un accordo per il superamento del Patto di Dublino che disponeva che i migranti dovessero essere obbligatoriamente accolti nel paese
d’arrivo.

L’accordo prevede che le persone salvate in mare o che approdano autonomamente in un paese europeo dovranno essere redistribuite tra tutti i paesi attraverso un meccanismo di solidarietà automatico ed obbligatorio, sia che si tratti di richiedenti asilo, dunque titolati a restare in Europa, sia che si tratti di migranti economici, ovvero di persone che dovranno essere rimpatriate. Nel caso qualche governo non vorrà prendersi carico dei migranti, sarà comunque obbligato a gestire, anche economicamente, il rimpatrio di coloro che non avranno il diritto di restare nel continente.

Più precisamente: i migranti potranno restare nel paese di primo ingresso ma, se entro 8 mesi i governi tenuti ad organizzare il loro rientro in patria non ci saranno riusciti, dovranno trasferirli sul proprio territorio in attesa della chiusura della procedura di ritorno.

L’Unione europea gestirà in modo diretto l’identificazione dei migranti, che dovrà essere completata entro 5 giorni dal loro ingresso in Europa, e le domanda di asilo, a cui andrà data una risposta entro 12 settimane. L’Europa, inoltre, subordinerà tutte le partnership economiche con i paesi di origine al fatto che questi riaccolgano i loro cittadini emigrati senza titoli. Infine la Commissione si impegna ad aprire corridoi per la migrazione legale in modo da contrastare il traffico di esseri umani.

La riforma, come si evince dalla lettura dei passaggi salienti, punta ad alleggerire il peso dell’accoglienza dei migranti sui paesi di primo ingresso come Italia e Grecia (si pensi che su mezzo milione di persone sbarcate negli ultimi cinque anni in Italia, solo 13.500 sono state redistribuite in Europa, neanche 3 su 100) ma nello stesso tempo mira a rafforzare il principio-base delle politiche migratorie europee secondo cui chi cerca asilo politico va accolto mentre chi cerca un lavoro deve essere respinto.

Le nuove proposte in materia di immigrazione dovranno ora essere negoziate con i singoli stati; ma è facile prevedere che l’Austria, i paesi dell’Europa centrale e quelli baltici cercheranno di opporsi in tutti i modi.

Ci riserviamo di esaminare in un prossimo articolo tutte le criticità di queste proposte, ma certamente possiamo dire da subito che non ci sembra accettabile continuare a distinguere nettamente tra chi fugge da un sistema dispotico o da zone di guerra e chi invece fugge, rischiando la vita, dalla miseria.

Positivo è invece il fatto che la Commissione pone fine all’incertezza giuridica sui salvataggi in mare, sancendo che sono obbligatori e sempre legittimi e che le organizzazioni non governative non possono essere penalizzate per la loro attività di soccorso marittimo, come è accaduto in Italia durante il governo giallo-verde.