Un esercito di invisibili

Li chiamano “Msna“: minori stranieri non accompagnati, ovvero  minori che non hanno la cittadinanza dello Stato in cui fanno ingresso e che sono privi dell’assistenza dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili.

La presenza di minori in questa condizione è un fenomeno che negli anni recenti ha acquisito particolare rilevanza in Italia e in Europa, anche se con una portata che si sta riducendo.

19.740 minori non accompagnati hanno fatto domanda di asilo in Europa nel 2018: il loro numero è in costante calo dopo il picco raggiunto nel 2015 e sta tornando ai livelli precedenti la cosidetta ‘crisi migratoria’ iniziata nel 2014.

Per quanto riguarda l’Italia, gli ultimi dati sui minori stranieri soli, forniti  dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche dell’integrazione del ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono del  31 dicembre 2019.

Il 94% dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia sono accolti presso strutture di accoglienza.

Il 79% è inserito in strutture di seconda accoglienza, ossia afferenti alla rete del SIPROIMI (sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati), ex SPRAR.

Il 15% è invece inserito in strutture di prima accoglienza, ossia centri governativi finanziati con fondi FAMI o altre strutture provvisorie gestite a livello locale.

Il restante 6% è collocato presso privati.

I ragazzi presenti nei circuiti d’accoglienza risultano essere 6.054, quasi tutti maschi (il 95%). In gran parte hanno dai 16 ai 17 anni (5.302), ma non mancano 44 bambini tra 0 e 6 anni, senza genitori, né parenti.

Da dove provengono? Al primo posto ci sono gli albanesi (1.676), seguono egiziani, pachistani, bengalesi. Ad accoglierli sono soprattutto la  Sicilia (con 1.164 minori accolti), la Lombardia, il Friuli Venezia Giulia, l’Emilia-Romagna, la Toscana e il Lazio.

Ma il dato che preoccupa di più è il numero crescente di minori stranieri soli che si allontanano dai centri  d’accoglienza e fanno perdere le loro tracce. Erano 4.700 a giugno 2019. Sono saliti a 5.383 a dicembre scorso.

A scappare sono per lo più ragazzi tunisini, afghani, eritrei e pachistani. Molti proseguono il loro viaggio verso il Nord Europa, per raggiungere familiari e amici; altri vivono in Italia clandestinamente, cercando un lavoro che permetta loro di mandare soldi a casa; ma certamente parecchi sono quelli che rischiano di finire vittime di tratta e di circuiti criminali.

Cosa porta un minore a partire da solo? O la sua famiglia a farlo partire? Le motivazioni sono molto varie: un rapporto di “Cittalia” le ha raggruppate in quattro profili diversi.

Il primo profilo è costituito dai minori in fuga da guerre e persecuzioni, costretti a partire per lasciarsi alle spalle situazioni che li mettono in pericolo di morte in paesi come Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Eritrea.

Ci sono poi i minori mandati dalle famiglie per migliorare la propria condizione economica. In questo caso è la famiglia a decidere sulla partenza del minore, vedendo in lui/lei un’occasione di miglioramento della propria situazione.

Il terzo profilo è costituito dai minori attratti dallo stile di vita occidentale, cioè spinti dal desiderio di “vivere un’altra vita”, come è percepita quella di molti ragazzi e ragazze della loro età che vivono nei paesi dell’Europa occidentale.

Infine ci sono i minori spinti da una situazione di destrutturazione sociale  che può riguardare la famiglia, assente oppure incapace di prendersi cura del minore, o più in generale il contesto sociale.

Ovviamente i profili nella realtà sono spesso ibridi. Il desiderio di vivere una vita diversa può combaciare con una strategia economica familiare, così come una situazione di destrutturazione sociale può essere connessa a un contesto segnato da violenza e persecuzione.

In un prossimo articolo esamineremo la legislazione italiana sui minori non accompagnati.

Fonti: Archivio di Cittalia-Fondazione ANCI