Vite a giornata

Il decreto sulla regolarizzazione dei migranti sta provocando serie contrapposizioni all’interno del governo e, al momento in cui scriviamo, ancora non è stata raggiunta una sintesi accettabile per tutti. In attesa di conoscere il testo definitivo, che speriamo non sia frutto di un accordo al ribasso per quanto riguarda i diritti e la dignità dei migranti attualmente irregolari, dedichiamo oggi lo spazio della rubrica ” Per fare un po’ di chiarezza” ad un’analisi delle condizioni di vita di tanti immigrati che lavorano come braccianti in agricoltura.

Faremo riferimento ad un rapporto di Medici Senza Frontiere che da luglio a novembre 2019 ha svolto attività di supporto medico e sociale negli insediamenti informali di migranti nelle aree rurali della Basilicata. Il rapporto su questa attività, dal significativo titolo “Vite a giornata”, è stato pubblicato agli inizi del 2020, prima che scoppiasse l’epidemia di Coronavirus. Abbiamo deciso di analizzare a fondo questo documento perché esso purtroppo non registra solo la situazione della Basilicata ma rappresenta, a nostro avviso, la fotografia di quanto accade nella quasi totalità delle campagne del Sud d’Italia (e non solo), dove la negazione dei diritti fondamentali dell’uomo è prassi quotidiana a causa dell’avidità di
imprenditori senza scrupoli, di leggi sbagliate e dell’inefficienza dello Stato.

Dal rapporto emerge, tra l’altro, anche un elemento molto importante per il dibattito attualmente in corso sulla regolarizzazione, ovvero che se questa è certamente un indispensabile provvedimento per la tutela della salute e per l’accesso ad una serie di diritti, da sola non riesce però a modificare in modo significativo le condizioni di vita e di lavoro. Gran parte dei migranti presenti negli insediamenti dove ha operato MSF erano infatti “regolari”.
Ma passiamo ad esaminare più dettagliatamente questo rapporto.

La maggioranza delle persone che MSF ha incontrato è di origine straniera riconducibili a

  • “stagionali” che si spostano sul territorio italiano;
  • braccianti migranti che risiedono stabilmente in Basilicata;
  • richiedenti asilo che, in seguito ai Decreti Sicurezza, hanno perso il diritto all’accoglienza.

In tutti gli insediamenti in cui MSF è intervenuta manca l’acqua potabile e l’elettricità; inoltre non si effettua la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, con gravi conseguenze per la salute. L’insediamento più grande, nei pressi di Metaponto, è arrivato ad ospitare circa 800 persone nel mese di luglio dello scorso anno. Le condizioni igienico sanitarie erano spaventose. Inoltre l’isolamento costringeva le persone che vi vivevano a spostarsi a piedi o in
bicicletta su una strada a scorrimento veloce per raggiungere i punti ’acqua ed i servizi nel centro abitato più vicino. Il rischio di essere coinvolti in incidenti era pertanto molto alto: non a caso nel marzo del 2019 una persona è stata investita ed ha perso l’uso di un braccio e di una gamba. In seguito a un incendio avvenuto il 7 agosto in cui una donna ha perso la vita, è iniziato l’ allontanamento delle persone dall’insediamento, che si è concluso con lo sgombero il 28 agosto.

Molte persone sono state però lasciate senza una soluzione abitativa alternativa: e sgomberare senza offrire un altro alloggio è spesso un rimedio peggiore del male. Gli sgomberati si sono infatti trasferiti in vecchi casolari fatiscenti, in box auto e in magazzini sovraffollati, che non hanno potuto eleggere come residenza anagrafica, continuando a restare esclusi dai servizi, compreso quelli sanitari. Dal rapporto di Medici Senza Frontiere emerge che la marginalizzazione e l’invisibilità conseguente delle persone che abitano nei siti informali non sono dovute alla loro condizione di irregolarità – dato che, come detto prima, la maggioranza di loro aveva un
permesso di soggiorno – bensì

1) alle condizioni lavorative: la possibilità di essere reclutati è più alta presso i casolari più prossimi ai campi e molto isolati, dove i controlli sul caporalato sono più difficili. La Regione Basilicata aveva infatti messo a disposizione un ex tabacchificio per garantire alloggio ai lavoratori agricoli stagionali, ma alcune delle persone assistite da MSF, nonostante fossero a conoscenza della disponibilità dei posti letto in questa struttura, hanno dichiarato di non voler accedere al servizio per paura di perdere il lavoro, visto che molti”caporali” non erano disposti a prenderli in quel luogo. Il che dimostra che la messa a disposizione di strutture da parte delle istituzioni può funzionare solo se associata a strategie di contrasto all’intermediazione.

2) agli effetti del cosiddetto Decreto Sicurezza che ha abolito il permesso di soggiorno per motivi umanitari e operato una stretta sui costi che ha comportato la chiusura di molti centri di accoglienza.

3) alla difficoltà, per la maggioranza degli immigrati, ad accedere al mercato immobiliare per l’ impossibilità di anticipare i depositi cauzionali e di offrire garanzie e per motivi di discriminazione. Sulla base di queste risultanze Medici Senza Frontiere raccomanda alle autoritá locali di:

  1. Attuare efficienti politiche di contrasto allo sfruttamento lavorativo e alle dinamiche del caporalato;
  2. “Definire delle strategie per garantire soluzioni abitative dignitose alle persone di origine straniera presenti sul territorio, distinguendo fra
  • soluzioni stagionali per dare alloggio ai lavoratori che si concentrano in una specifica area
    in un determinato periodo dell’anno
  • soluzioni abitative per coloro che decidono di stanziarsi nella regione, quali ad esempio
    progetti di supporto all’accesso del mercato dell’affitto”.

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