L’identità minacciata

Un luogo comune molto diffuso e anche molto pericoloso è che «i flussi di immigrati minacciano l’identità e i valori europei».

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Sosteneva Oriana Fallaci nel lontano 2004 nel libro La forza della ragione che «gli immigrati si installano a casa nostra e senza alcun rispetto per le nostre leggi ci impongono le loro idee, le loro usanze, il loro Dio». E, a distanza di 15 anni, la convinzione che l’identità culturale europea verrà alterata per sempre a causa dei flussi migratori si va radicando sempre più.


Precisiamo innanzitutto che la cultura non è qualcosa di “solido”, di immutabile. Basti pensare già solo alle profondissime trasformazioni culturali e sociali che si sono verificate nell’ultimo cinquantennio sotto la spinta dei movimenti degli anni ’60 e ’70, del femminismo e del diffondersi di una cultura di massa.


E come non tener conto del ruolo svolto dal consumismo, di cui Pasolini, con grande lungimiranza, aveva individuato la forza, sostenendo che avrebbe provocato una vera e propria «mutazione antropologica»? In pratica, nel bene e nel male, negli ultimi 50 anni c’è stata una vera e propria rivoluzione culturale provocata da forze endogene alla cultura occidentale e non dovuta certamente a causa esterne.


In secondo luogo la cultura non è un “monolite”, nel senso che all’interno di essa vi sono profondissime differenze determinate dalla classe sociale di appartenenza, dalla fascia di età, dal luogo in cui si vive e così via. Ad esempio sicuramente c’è più affinità tra il profilo Facebook di un giovane europeo e quello di un ragazzo arabo che tra la “cultura” dei due giovani e quella dei loro antenati; così come, d’altra parte il modo di vivere e di pensare di un italiano che vive a Milano è profondamente diverso da quello di un norvegese che vive in uno sperduto paesino a nord del circolo polare artico!


Parlare di cultura europea tout court è il frutto di un’astrazione indebita; quella europea, così come le altre, è molto diversificata al suo interno e questi aspetti molteplici sono il frutto della sua storia che in gran parte è una storia di incontri e di scambi con altri popoli: scambi non solo di merci ma anche di conoscenze e di valori.


È inoltre una storia di migrazioni: cosa sarebbe infatti la cosiddetta “identità europea” senza gli Aria giunti dall’Asia centrale, i Vichinghi calati dalla lontana Scandinavia o gli Arabi giunti in Sicilia e in Spagna dalla loro arida penisola? Le migrazioni sono parte dell’evoluzione umana e le diverse culture nel corso della storia si sono influenzate ed arricchite reciprocamente grazie a massicci spostamenti di popolazione. Come sostiene lo storico Rémi Brague, la cultura è di per sé “immigrata”.


Ma purtroppo, pur avendo costruito la nostra identità su culture differenti, non riusciamo a riconoscere il vantaggio che possiamo ricevere dall’incontro con le culture di chi oggi, per svariati motivi, arriva in Europa. Da questa contraddizione si può uscire solo promuovendo nella scuola e nella società un’educazione al dialogo interculturale inteso come strumento di arricchimento reciproco.


Le altre culture non vanno solo tollerate o accettate: occorre piuttosto interagire con esse allo scopo di realizzare ancora una volta quel”meticciato culturale” che è il tratto distintivo dell’identità europea così come si è andata costruendo nel corso dei secoli.


Con buona pace di chi, parlando di minacce alla nostra identità, dimostra di non conoscere la storia europea.