Migrazione: chi ne beneficia?

“Il mito da sfatare questa settimana riguarda i benefici del movimento migratorio. Comunemente si crede che la migrazione giovi solo agli individui che si muovono, ostacolando lo sviluppo dei paesi d’origine e provocandone una sempre maggiore dipendenza dagli aiuti internazionali. L’indebolimento deriverebbe principalmente dalla “fuga di cervelli”, ovvero dalla perdita di quella parte di popolazione ben istruita che, dopo essersi formata nel proprio paese, cerca occupazione all’estero. Inoltre, si ritiene che il denaro inviato dai migranti sotto forma di rimesse possa diventare un fattore strutturale di dipendenza dall’emigrazione.

In realtà, i migranti, per quanto mossi dal legittimo desiderio di costruirsi una vita migliore, diversamente dagli altri, devono essere considerati come individui transnazionali, ovvero legati sia al paese di residenza che a quello di origine. Oggi, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, la maggior parte mantiene fitte relazioni con il proprio stato, spesso anche su base quotidiana e le rimesse sono la spia più evidente di questo fenomeno, contribuendo in maniera significativa allo sviluppo dei paesi di nascita e a quello delle società di destinazione. Agendo da ammortizzatori, le rimesse hanno un impatto importante sulla vita delle famiglie e delle comunità originarie: funzionano da assicurazione in tempi di crisi o difficoltà; diversamente dall’assistenza istituzionale, raggiungono direttamente le famiglie e, contrariamente agli investimenti esteri, non cessano dinanzi ai primi problemi nella realtà straniera, in quanto dipendenti dalle condizioni di vita e di lavoro nei paesi di accoglienza

Inoltre, parlare di “fuga di cervelli” presuppone che l’emigrazione di personale qualificato impoverisca la forza lavoro locale. Ma è di fondamentale importanza tener conto del fatto che essa è influenzata da elementi molteplici, quali ad esempio l’investimento in istruzione da parte dei governi locali, di singoli individui o nuclei familiari. L’emigrazione di un membro della famiglia che invia regolarmente rimesse può infatti migliorare la capacità della stessa di investire nella formazione degli altri membri rimasti “a casa”, oltre che funzionare da incentivo per i giovani a impegnarsi negli studi.

Ad esempio, negli ultimi dieci anni l’immigrazione di personale sanitario altamente qualificato è diventato un elemento importante anche per lo sviluppo economico dell’UE. Si stima, infatti, che il 24% degli infermieri formati in Ghana lavori in Europa. Oggi tuttavia, molti operatori sanitari stanno scegliendo di tornare temporaneamente o in modo permanente a casa, per cogliere nuove opportunità occupazionali e trasmettere le proprie esperienze mediche nel paese di nascita. Attuato dall’OIM Olanda in collaborazione con il Ministero della Salute ghanese, il progetto sanitario MIDA ha offerto oltre 250 incarichi di lavoro in Ghana tra il 2008 e il 2012.

Ma le rimesse rappresentano solo una parte del contributo dei migranti allo sviluppo dei loro stati. Altrettanto importanti sono le iniziative di sviluppo locale sostenute dalle associazioni dei migranti. Si tratta di progetti che interessano ambiti come l’agricoltura, l’acqua, i servizi igienico sanitari, l’ambiente, le future generazioni, la cultura, oltre al settore dell’istruzione e della sanità. Nel nuovo Paese di residenza, i migranti acquisiscono conoscenze e competenze che possono adattare e trasferire ai paesi di provenienza. Spesso si tratta di vere attività di cooperazione allo sviluppo che riguardano nuove tecnologie, pratiche e campi di intervento come l’innovazione e l’imprenditoria. In Italia la spinta dal basso delle associazioni dei migranti ha portato il governo e le autorità locali a creare sinergie capaci di sostenere diverse iniziative.

A partire dal 2003 ad esempio, il programma MIDA, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e promosso dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni con la collaborazione del CeSPI, ha sostenuto numerosi progetti imprenditoriali socialmente sostenibili, cofinanziando le associazioni dei migranti.

Un’altra buona pratica di co-sviluppo è quella di Koniakary, un complesso urbano nello stato africano del Mali, che conta circa 10.000 abitanti, con quasi 3.000 emigrati nei Paesi dell’Africa centrale, in Europa o in America. Organizzati nell’Associazione transnazionale Endam Djoumboukhou, i migranti di Koniakary realizzano molte importanti attività a beneficio delle loro comunità di origine. I loro risparmi vanno infatti a finanziare almeno il 20% del piano per lo sviluppo economico, sociale e culturale del territorio locale. I migranti “donatori” vengono coinvolti anche nell’attuazione e nel monitoraggio del piano di sviluppo locale.

Le esperienze del programma MIDA e di Koniakary forniscono indicazioni preziose per massimizzare il contributo dei migranti allo sviluppo dei loro Paesi di origine, ed in particolare:

  • È necessario ridurre i costi di invio delle rimesse, in modo che le comunità locali possano beneficiare al massimo del sostegno finanziario dei loro connazionali;
  • Bisogna sostenere le iniziative delle associazioni dei migranti, istituendo meccanismi di sussidio e fondi dedicati;
  • È utile promuovere reti transnazionali di migranti, sviluppando la loro capacità di azione a vasto raggio;
  • È essenziale coinvolgere gli immigrati nella programmazione delle strategie di sviluppo a breve, medio e lungo termine.

Tutto questo implica, in primo luogo, che i migranti vengano riconosciuti come veri e propri attori di uno sviluppo sostenibile e concreto, e non come oggetti di negoziazione tra i responsabili politici dei Paesi del Nord e del Sud. Infine, occorre che sia facilitata la circolazione delle idee, delle conoscenze e delle competenze riconoscendo a livello internazionale la libera mobilità delle persone come importante fattore di sviluppo reciproco.”