Un “mito”, ovvero una convinzione erronea sul tema dell’emigrazione che contribuisce ad alterare e deformare la conoscenza del fenomeno nella sua effettiva realtà, è che “La maggior parte delle migrazioni avviene dai paesi poveri verso le nazioni più ricche“.
In realtà oggi nel mondo ci sono 258 milioni di persone che vivono fuori del paese in cui sono nati (dato del 2017, l’ultimo disponibile): si tratta di circa il 3% della popolazione mondiale, percentuale che negli ultimi 30 anni è rimasta pressocché costante, anche se, ovviamente, essendo aumentata la popolazione, è aumentato in assoluto anche il numero dei migranti.
Più di un terzo dei migranti internazionali si sposta però da un paese povero ad un altro vicino, mentre meno di un terzo dal Sud al Nord del mondo, cioè poco più dell’1% della popolazione mondiale.
In conclusione: i dati reali non corrispondono a quanto diffuso nel dibattito politico e mediatico, dove sembra che siano i migranti la causa principale della crisi economica e dell’acuirsi delle disuguaglianze sociali.
A questo mito si collega l’altro secondo cui ” L’Europa non può accogliere ulteriori migranti perché rischiano di minarla economicamente e distruggerla politicamente”.
Questa affermazione si basa sull’idea che con un livello di disoccupazione ancora molto alto non è possibile far affluire altre persone in cerca di lavoro. Inoltre si teme che i migranti, poco disposti ad integrarsi, possano distruggere l’ordine sociale e l’identità culturale dei paesi ospitanti.
Precisiamo innanzitutto che negli ultimi 10 anni il numero dei cosiddetti “migranti economici” si è fortemente ridotto, mentre è aumentato quello dei richiedenti asilo, rispetto ai quali il diritto internazionale e la Costituzione di molti Paesi impone l’obbligo della protezione.
Si tratta comunque di cifre irrisorie. Pensiamo che solo il 6% dei 4 milioni di siriani fuggiti dalla guerra (ovvero 240.000 persone ) sono stati accolti in Europa, mentre 1 milione e mezzo in Libano e 2 milioni in Turchia.
Ovviamente i campi in cui vengono distribuiti sono carenti anche dal punto di vista dei servizi minimi essenziali….ma per gli Europei l’importante è che “non vengano da noi”
Comunque, a nostro avviso, anche chi non fugge da guerre e dittature ha il diritto di andare altrove per migliorare la propria condizione. La migrazione è un fenomeno naturale, sempre gli uomini si sono mossi per cercare di garantirsi un futuro migliore. Senza andare lontano nel tempo, pensiamo ai milioni di Italiani che a partire dalla fine dell’Ottocento sono emigrati in America e nel Nord Europa.
Piuttosto che rendere impossibile l’arrivo di chi è in cerca di un lavoro ( come avviene di fatto a causa della legge Bossi-Fini, che richiede al migrante di essere già in possesso di un contratto di lavoro per poter accedere regolarmente in Italia) andrebbero istituiti dei canali di ingresso sicuri, legali, tenendo conto delle reali esigenze del mondo del lavoro.
Teniamo presente che ci sono dei settori lavorativi, dall’agricoltura all’edilizia alla cura della persona, in cui la domanda di manodopera è molto alta.
Piuttosto che permettere ai datori di lavoro di sfruttare i propri dipendenti facendo leva sulla loro condizione di clandestinità, non sarebbe meglio garantire un ingresso legale e quindi un salario dignitoso?
Ma forse a molti conviene che le cose rimangano così come sono…
dati tratti dal documento Concorde Europe “10 Miti da sfatare”