Negli articoli precedenti abbiamo avuto modo di approfondire alcuni aspetti del Decreto Sicurezza del nuovo Ministro per l’interno Matteo Salvini, concentrandoci su aspetti specifici come la protezione umanitaria. Oggi Maria Pia De Salvo ci spiega in maniera chiara e semplice i punti salienti di questa legge.
“La legge prevede:
- l’estensione del periodo di trattenimento nei Cpr
Gli stranieri che sono trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), ex Cie, in attesa di essere rimpatriati, potranno essere trattenuti fino a un massimo di 180 giorni invece di 90.
I CPR sono di fatto delle prigioni, e allora ci chiediamo se, in uno stato di diritto, è lecito privare della libertà personale per 180 giorni chi non ha commesso alcun reato, se non quello di “immigrazione clandestina”.
- l’estensione del trattenimento nei Cpr anche per i richiedenti asilo in attesa di essere identificati.
I richiedenti asilo possono essere trattenuti per un periodo massimo di trenta giorni negli hotspot e nelle strutture di prima accoglienza per accertarne l’identità e la cittadinanza. Se nei trenta giorni l’identità non è accertata, anche i richiedenti asilo potranno essere trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) per 180 giorni. Queste misure valgono anche per i minori che fanno parte di un nucleo familiare.
Anche in questo caso ci chiediamo se è lecito privare della libertà personale chi non ha commesso alcun reato ed è invece vittima dell’inefficienza della nostra burocrazia.
- l’aumento dei fondi per i rimpatri
500.000 euro nel 2018, un milione e mezzo di euro nel 2019 e un altro milione e mezzo nel 2020: fondi che forse potevano essere spesi in modo più efficace per progetti di integrazione dei migranti, dal momento che nessuno può garantire che un migrante espulso non cerchi di rientrare, visto il grave stato di bisogno che, quasi sempre, lo spinge ad abbandonare il proprio paese.
- la revoca o il diniego della protezione internazionale in alcuni casi particolari
Se un rifugiato è condannato in via definitiva per alcuni reati come minaccia o violenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e gravissime, pratiche di mutilazione dei genitali femminili, furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo la legge prevede che gli possa essere negata o revocata la protezione internazionale. Inoltre, se il rifugiato tornerà nel paese d’origine, anche temporaneamente, perderà la protezione internazionale e quella sussidiaria.
Coloro che sono sottoposti a procedimento penale per alcuni tipi di reato, oppure sono stati condannati in maniera non definitiva, sono sottoposti a una procedura immediata davanti alla commissione territoriale; l’eventuale ricorso non ha efficacia sospensiva e quindi la persona può essere immediatamente espulsa, ciò in evidente contrasto con le norme di procedura penale che prevedono la sospensione della pena fino a sentenza definitiva.
- la redazione di un elenco di paesi sicuri
La legge prevede che il ministero degli esteri – insieme al ministero dell’interno e della giustizia – rediga una lista di paesi di origine sicuri sulla base delle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto d’asilo e da agenzie europee e internazionali.
Chi proviene da uno dei paesi della lista dovrà dimostrare di avere gravi motivi che giustifichino la sua richiesta di asilo e la sua domanda di asilo sarà esaminata con una modalità accelerata.
Questa procedura comporta un’inversione dell’onere della prova, in contrasto con il principio generale che prevede un onere ripartito tra lo stato e il richiedente asilo.
Oltre alla lista dei paesi di origine sicuri, nell’articolo 10 del decreto si parla del principio del “volo interno”, cioè, “se un cittadino straniero può essere rimpatriato in alcune aree del paese di origine dove non si rilevano rischi di persecuzione, la domanda di protezione internazionale è rigettata”, il che introduce “una forte discrezionalità nell’esame delle domande di asilo” e “limita fortemente le possibilità di protezione per i richiedenti asilo”, come afferma il Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati.”