Emergenza umanitaria nel Mediterraneo

Stefano oggi ci parla di immigrazione, approfondendo per noi un fatto di grande attualità quale è la vicenda della nave Sea Watch.


“Ancora stragi nel mar Mediterraneo. Il 18 gennaio, nel primo pomeriggio, l’aereo da ricognizione Moonbird di Pilotes Volontaires, supportato dalla ONG Sea-Watch, ha intercettato una comunicazione su un naufragio a 45 miglia da Tripoli: un gommone stava per inabissarsi e decine di persone erano finite in mare. Sea-Watch ha quindi avvisato le autorità italiane, offrendosi di collaborare al salvataggio. A seguito delle comunicazioni tra la guardia costiera italiana e quella libica, sono stati attivati i soccorsi: oltre 3 ore dopo l’avvenimento, una nave della Marina Militare italiana, giunta nell’area del naufragio, è riuscita a recuperare 3 migranti superstiti, che sono stati trasferiti all’ospedale di Lampedusa in condizioni di ipotermia; altre 3 persone sono state avvistate in mare «senza alcun segno di vita». Le ricerche condotte nelle ore successive, anche da Sea-Watch, non hanno avuto esito. I sopravvissuti al naufragio hanno raccontato all’Oim (l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) che l’imbarcazione, con a bordo 120 persone, era partita la sera precedente da Garabulli, località della costa libica vicino a Tripoli. Dopo 11 ore di navigazione, il gommone ha iniziato a imbarcare acqua ed è affondato, lasciando i migranti in mare. Sono quindi 117 le persone di cui non si sa più nulla, morte annegate o disperse.

L’UNHCR ha riferito che un altro naufragio è avvenuto nei giorni scorsi nel mare di Alboran, nel Mediterraneo occidentale: il naufragio ha provocato 53 vittime e l’unico sopravvissuto è rimasto in acqua per oltre 24 ore per poi essere salvato da un peschereccio e portato in Marocco per ricevere le cure mediche.

Il 19 gennaio, invece, un’operazione di soccorso della Sea-Watch 3, la nave dell’ONG Sea-Watch, ha tratto in salvo da un altro naufragio 47 persone al largo delle coste libiche. L’equipaggio di Sea-Watch è rimasto dunque in attesa delle autorizzazioni per l’approdo della nave e per lo sbarco dei naufraghi, ma il governo italiano aveva inizialmente negato lo sbarco dei migranti. Per esprimere solidarietà alle persone a bordo della nave, diversi comuni italiani ed europei avevano comunque dichiarato la loro disponibilità ad aprire i porti. L’imbarcazione con a bordo i 47 migranti è rimasta bloccata dalla notte del 24 gennaio al largo del porto di Siracusa. Una soluzione è stata infine raggiunta tra il 29 ed il 30 gennaio: tramite un accordo, 7 Paesi europei (Germania, Francia, Portogallo, Romania, Lussemburgo, Malta e Italia) hanno deciso di accogliere i migranti nei propri territori.

A causa degli impedimenti alle attività in mare delle altre ONG, la Sea-Watch 3 è attualmente l’unica nave a compiere salvataggi nel Mediterraneo. Kim Heaton-Heather, capo Missione di Sea-Watch, parlando delle morti in mare dei giorni scorsi, denuncia il fallimento delle istituzioni europee e dei governi europei nella gestione dei flussi migratori: “Quest’ultima strage dimostra ancora una volta che le attuali politiche UE migratorie uccidono e che la cosiddetta guardia costiera libica non è in grado di effettuare operazioni di salvataggio. Abbiamo bisogno di più assetti che operino soccorsi, non meno; e abbiamo bisogno della presenza della società civile che monitori quanto accade nel Mediterraneo e garantisca la difesa dei diritti umani, primo fra tutti quello alla vita“. “

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