La risposta securitaria e militare al fenomeno migratorio

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Il notevole aumento degli arrivi di migranti in questi ultimi mesi ha mandato totalmente in tilt il governo italiano, nonostante i numeri non siano diversi da quelli che si registrarono nel 2015-2016.

Questo è il governo che aveva dichiarato che la lotta contro limmigrazione “clandestina” sarebbe stata senza frontiere e che i trafficanti di esseri umani sarebbero stati inseguiti e catturati su tutto l’orbe terracqueo.

Pura propaganda, anche di bassissimo livello. Non si bloccano fenomeni epocali dovuti ad una molteplicità di fattori (guerre, cambiamenti climatici, povertà) con parole e atteggiamenti bellicosi.

Il tentativo di bloccare le partenze facendo, ancora una volta, ricorso ad accordi con i regimi dittatoriali, prima la Libia, ora la Tunisia, si è dimostrato totalmente fallimentare. Le partenze, dopo il Memorandum con la Tunisia, non solo non sono diminuite ma sono notevolmente aumentate. Molto probabilmente Kaïs Saïed, il presidente tunisino, che ha lanciato una crociata contro i migranti presenti nel suo paese, deportandoli al confine con la Libia e condannandoli alla morte nel deserto (quindi certamente non un difensore dei diritti umani!) vuole alzare la posta, ottenere sempre di più per trattenere i migranti nel suo paese.

E non dimentichiamo che questa scelta dell’accordo con la Tunisia, sostenuta dalla Presidente della Commissione Europea, è stata fortemente criticata da alti responsabili dell’Unione e da molti parlamentari europei, in quanto lesiva dei diritti umani.

Di fronte all’arrivo di migliaia di migranti sulle nostre coste, l’unica risposta che si riesce ad elaborare è quella di tipo militare e securitario: si parla di blocco navale europeo e di costruzione di nuovi Centri di Permanenza e Rimpatrio (uno per regione).

I CPR esistono già e sono nati per trattenere, in vista del rimpatrio, quei migranti di cui sia stata accertata la condizione di irregolarità o di quei richiedenti asilo a cui è stato negato lo status di rifugiato. Si tratta, tutto sommato, di poche persone, di cui, tra l’altro, solo un’esigua minoranza viene rimpatriata, sia perché mancano gli accordi con i paesi di provenienza, sia perché i costi del rimpatrio sono molto elevati. I CPR già esistenti sono quindi più che sufficienti.

Ma il progetto del nostro governo è quello di “rinchiudervi” tutti i nuovi arrivati e di aumentare il tempo di permanenza a 18 mesi. Si nega in questo modo ai richiedenti asilo il diritto a presentare la loro domanda e ad essere inseriti in un percorso di accoglienza, in attesa che questa venga esaminata.

Come sottolineato dal vicepresidente delle ACLI, «È il punto di vista dei profughi, degli ultimi, quello che manca. [….] Hanno diritti come gli altri, la loro posizione va valutata secondo quanto stabilito dalle commissioni territoriali».

E invece no, tutti dentro ai CPR, portando così a compimento l’equazione migrante = criminale.

Al momento solo il governatore della Toscana si è opposto alla costruzione di un CPR nella propria regione, ma anche altri hanno espresso molte critiche al progetto del governo. Non resta che augurarci che l’opposizione a questo progetto, contrario alle norme sul diritto d’asilo, cresca nella società civile e nelle istituzioni.