
In Nepal le nuove generazioni stanno mettendo in discussione l’intero sistema di governo. Dall’inizio della scorsa settimana, proteste e reazioni da parte delle autorità hanno scosso la capitale — e non solo.
La scintilla è stata la decisione del governo di bandire 26 piattaforme social, una misura percepita come un atto di censura. Migliaia di giovani sono scesi in strada per manifestare, non solo contro questa restrizione della libertà digitale, ma anche contro la corruzione dilagante e le politiche che negli ultimi anni hanno acuito le disuguaglianze sociali. Le accuse di corruzione contro la classe politica, infatti, non sono una novità: da tempo i cittadini denunciano un sistema incapace di garantire equità e trasparenza.
Queste proteste si inseriscono in un quadro di malcontento generale verso il governo di Khadga Prasad Sharma Oli. I manifestanti sono stati molto chiari nelle loro richieste: nuove elezioni e dissoluzione del Parlamento. Le proteste sono state avviate e sostenute dall’ONG HamiNepal, che nelle ultime settimane ha lanciato attraverso i social network slogan e hashtag come #YouthsAgainstCorruption e #GenZForNepal, sottolineando il legame tra cambiamento, rivoluzione e la forza delle nuove generazioni.
Dall’inizio delle manifestazioni, l’8 settembre, fino a oggi si contano 34 vittime, uccise dalla dura repressione delle forze dell’ordine. Molti di più, però, sono i feriti e gli arrestati. La violenza della risposta governativa ha alimentato ulteriormente la rabbia dei giovani: già al secondo giorno di protesta si sono registrati attacchi diretti contro i ministri, costretti in diversi casi a fuggire dal Paese in elicottero. Le immagini dei palazzi governativi in fiamme — dagli uffici centrali del Congresso agli hotel di lusso e alle residenze private dei ministri — insieme al Parlamento ormai svuotato e alla caduta ufficiale del governo, raccontano la portata di queste prime giornate della cosiddetta “Rivoluzione della Gen Z”.
Il 10 settembre, dopo le dimissioni del Primo ministro Oli, l’esercito nepalese (NA) ha dichiarato di aver assunto il comando delle operazioni di sicurezza a livello nazionale. Ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, le dimissioni del Primo Ministro hanno effetto immediato. Il presidente Paudel, in qualità di capo dello Stato, si trova ora ad affrontare la sfida di guidare il Nepal attraverso un pericoloso vuoto di potere in un contesto di crisi sempre più grave.
Nel tentativo di contenere il caos, le autorità hanno imposto un coprifuoco nazionale, che limita la libertà di movimento dei cittadini. Inizialmente molto rigido, il provvedimento è stato leggermente modificato il 12 settembre: secondo un avviso ufficiale pubblicato giovedì sera, da venerdì la popolazione può circolare in modo limitato per motivi essenziali dalle 6:00 alle 11:00 e dalle 17:00 alle 19:00.
Nonostante la repressione e le restrizioni, la pressione della piazza ha già prodotto un cambiamento storico: il Parlamento, prima del suo scioglimento, ha nominato la prima donna Primo Ministro ad interim del Nepal, Sushila Karki, segnando una svolta simbolica e politica senza precedenti. La sua elezione è percepita come un segnale di discontinuità con il passato e una possibile apertura verso un futuro più inclusivo, anche se il percorso rimane incerto in un Paese attraversato da profonde tensioni sociali e istituzionali.
UPESS, la scuola che da anni sosteniamo con il nostro progetto non ha subito datti, essendo stata molto meno toccata quella zona dalle manifestazioni e dalle proteste. Le lezioni, infatti, sono regolarmente riprese dopo solo qualche giorno di chiusura.
Siamo in attesa di sapere e vedere che cosa succederà nei prossimi giorni all’interno di un Paese che continua a stupirci costantemente come il Nepal.