Il Servizio Civile Universale con El Comedor: l’esperienza di Martina

Quando ho inviato la mia domanda di Servizio Civile Universale mi ero laureata da soli 10 giorni.

Al pari di molte persone che, come me, si laureano in Corsi di Laurea a indirizzo socio-politico, già da un po’ di tempo mi frullava in testa la domanda: “E adesso?”.

In un primo momento mi venne proposto di prendere la strada del dottorato, ma avrei dovuto cambiare ambito di studi e l’idea non mi convinceva del tutto.

È stato in quel momento che ho trovato il bando del Servizio Civile Universale: un’esperienza di cui ho sentito parlare tanto ma che non ho mai avuto tempo e modo di provare in prima persona, da studentessa pendolare quale ero.

L’ho letto accuratamente in lungo e in largo finché non ho trovato il progetto di El Comedor Giordano Liva, un’organizzazione che fino a quel momento avevo conosciuto solo da lontano ma di cui stimavo l’operato. Il progetto era in collaborazione con un’altra organizzazione per cui nutrivo altrettanta stima, Un Ponte Per.

L’idea di fare comunque ricerca – seppur non accademica – su un tema così interessante e sfaccettato come quello delle migrazioni climatiche mi entusiasmava ed era perfettamente in linea con il mio percorso universitario, oltre che con la mia forte curiosità di approfondire questo argomento.

Inoltre, c’era la possibilità di comprendere più da vicino le dinamiche della cooperazione internazionale, che fino a quel momento avevo studiato quasi esclusivamente in via teorica.

Infine, c’era la scuola di italiano, che mi avrebbe dato l’opportunità di insegnare la mia lingua a chi arrivava in Italia senza questo potente strumento.

Il progetto in sé risuonava con vari aspetti di me: con le mie competenze, con il mio percorso di studi, con la mia esperienza nel volontariato e soprattutto con la mia etica personale.

Così, a maggio 2023 è iniziato il mio percorso con El Comedor, sotto la guida di Nicola e Chiara, che mi hanno accompagnata in questo viaggio, con accanto prima Sara e poi Alessandra, le mie compagne di servizio civile.

La mia mattinata era la seguente: mi svegliavo alle 6:45, andavo in stazione, prendevo il treno e una volta arrivata a Pisa camminavo per una ventina di minuti fino alla sede: lì aveva inizio la mia giornata lavorativa! Tutto è cominciato con l’organizzazione di Solidarista, la festa della solidarietà di El Comedor nella quale vengono fatte presentazioni di libri, spettacoli teatrali, mostre fotografiche, concerti e soprattutto si fa rete con le altre associazioni del terzo settore.

Successivamente, è iniziata la fase di ricerca sulle migrazioni climatiche che è confluita nella realizzazione di una rubrica di articoli e podcast divulgativi e che si tradurrà presto anche in una forma di restituzione più interattiva, che è quella dei laboratori nelle scuole superiori.

In queste attività di restituzione mi sento di ringraziare – oltre a Nicola e Chiara, che mi hanno guidata con passione nelle attività del progetto sin dall’inizio – le mie colleghe del progetto di SCU: partendo da Alessandra, la mia compagna di servizio civile con la quale sto condividendo tanto, dalle cose più “lavorative”, come la creazione dei laboratori nelle scuole, all’esperienza quotidiana più personale nell’associazione, passando per Giulia di Un Ponte Per (Pisa), con la quale stiamo realizzando con entusiasmo i laboratori nelle scuole, e infine Sara e Alessia di Un Ponte Per (Roma), con cui ho condiviso molto, nonostante la distanza fisica, e che ho avuto il piacere di conoscere meglio durante le formazioni del SCU a Roma.

Proseguendo in questo viaggio, da ottobre ho iniziato a insegnare italiano nella scuola di italiano per donne che si tiene di mattina, che rappresenta forse l’ambito di questo percorso che umanamente mi sta dando di più.

Insegnare italiano non è soltanto restituire nozioni; potrei dire che è il suo opposto. Significa imparare a conoscere la persona che hai davanti: qual è il suo carattere, il suo piatto preferito, cosa le piace e cosa non le piace fare, è scoprire chi hai davanti lentamente, fornendo gli strumenti per comunicare in un paese in cui vivere come donna straniera è un percorso a ostacoli.

Per me, insegnare nella scuola di italiano vuol dire soprattutto ricevere, nel dare: anzitutto, avere il piacere di conoscere quella persona, ma anche imparare tantissime cose nuove che non conoscevo e modi di pensare diversi dal mio, che mi consentono di uscire dalla mia zona di comfort e mettermi sempre in discussione.

Oggi la mia sveglia suona ancora alle 6:45 e il mio percorso con El Comedor prosegue: sono sicura di avere ancora molto da imparare in questi ultimi mesi di servizio civile! 

Martina